Eva Clesis a dispetto della giovane età ha già parecchi romanzi alle spalle (e sulla coscienza, direbbe qualcuno), oltre a numerosi racconti in antologie e varie collaborazioni per riviste e giornali. Abbiamo scambiato con lei una chiacchierata su alcuni dei suoi romanzi più interessanti.
Il personaggio di Alice, la protagonista del tuo romanzo Guardrail, è molto ben caratterizzato. Ci sono tratti autobiografici o hai cercato nel personaggio della favola risvolti psicologici nuovi?
Ho pensato a un mondo meraviglioso che meraviglioso non fosse per niente, e in questo mondo grottesco, inquietante eppure ridicolo, ho creato il mio personaggio, totalmente diverso da me per carattere. L’Alice di Carroll è una bambina adorabile che si stupisce di tutto, ma è anche riflessiva e educata. Fa ragionamenti, chiede permesso e scusa ai suoi parti onirici. Da bambina assomigliavo di più a lei che non alla mia protagonista. Pur con la differenza di età, la mia è un’Alice opposta perché scostante, cresciuta nel disagio, che non si integra, che non si stupisce di nulla e a ogni cosa risponde malamente. Un punto in comune tra lei e il personaggio della favola c’è: entrambe amano le filastrocche.
Il romanzo è ambientato ai giorni nostri. Descrivi una realtà concreta o l’esasperazione di fatti e caratteri ha influito molto sulla narrazione?
Molti hanno pensato che mi inventassi delle situazioni di sana pianta, in realtà in passato ho lavorato a contatto con gli orfani e in più ho abitato per anni in un paese della provincia pugliese, quindi parto come sempre da cose che più o meno conosco e da lì prendo il largo. I caratteri si rifanno a persone che esistono realmente. Li ho soltanto resi più narrativi.
L’amore è una condizione sempre negata, attraverso tutta la storia di Alice. Sebbene il finale tenda a schiarire il cielo sopra di loro, non tutto sembra incasellarsi come dovrebbe e il futuro di Alice mi è sembrato ancora incerto. Fa parte di una tua personale immagine della precarietà di questo sentimento?
Assolutamente sì. La vita è un processo in continuo movimento e lo è anche l’amore: impossibile dargli un finale risolutivo. In particolare nell’amore narrato sono diventata piuttosto cinica. Alice ama un ragazzo inarrivabile per lei sotto molti punti di vista: diversa cultura, diversa educazione, e soprattutto una diversa condizione sociale. Possiamo pensare che l’amore vada oltre e vinca tutto, ma quella è un’altra storia, e di rado è la mia.
Tutti i personaggi che ruotano attorno ad Alice, come Alice stessa, sembrano avere una doppia identità, un lato positivo ed uno negativo. Fa parte della tua interpretazione di Alice nel paese delle meraviglie?
All’inizio del mio romanzo si parla del fatto che la mia Alice ama il libro di Carroll perché vi trova descritto un mondo doppio di fantasia e reale. Il mondo che Alice incontra in Guardrail invece è quasi dickensiano, irrigidito in un contesto di privazione. La nonna e l’amica del cuore ad esempio hanno una loro fissità nei comportamenti, dovuta all’età (anziana/ragazzina). Entrambe sono quello che io descrivo, tranne qualche cedimento che le rende più umane. Nel resto del libro ci sono però dei personaggi–chiave che nascondono un’altra metà. Il libro stesso è diviso in due parti di uguale lunghezza, uno l’opposto dell’altro. La protagonista si chiama Alice ma in realtà quello è il suo soprannome e via dicendo… Tutto in Guardrail gioca con l’idea della duplicità.
Tra A cena con Lolita e Finché notte non ci separi è cambiato qualche cosa nel tuo modo di scrivere?
L’uscita del primo libro mi ha un po’ scioccata, molte persone hanno parlato di me come iscritta a un filone narrativo preciso. Questa cosa, per quanto la riconoscibilità faccia sempre piacere perché è rassicurante, era al tempo stesso un limite. Come “scrittrice” vorrei semplicemente narrare delle storie senza pensare ai generi e cercando di farle vivere grazie alla scrittura. In tal senso sto lavorando per rendere la mia scrittura più neutra e funzionale alla storia e quindi a distanza di tre anni un cambiamento nello stile si è verificato. Cerco un equilibrio costante e faccio attenzione a cose che quando scrivevo A cena con Lolita forse mi passavano davanti. Al tempo stesso però vorrei lasciare lo spazio a pensieri incantati, a considerazioni spurie che costellano qua e là i miei scritti. Vedremo.
I libri di Eva Clesis