
Dal “Giornale di Stato”: “Da qui a 120 giorni verrà ultimata la costruzione dell’Integrale. Si approssima il grande, storico momento in cui il primo Integrale si librerà nello spazio dell’universo. Mille anni fa i vostri eroici avi assoggettarono al potere dello Stato Unico l’intero globo terrestre. Vi apprestate a un’impresa ancora più gloriosa: grazie all’Integrale di vetro, elettrico e ignivomo, integrerete l’infinita equazione dell’universo. Vi apprestate ad assoggettare al benefico giogo della ragione esseri ignoti che dimorano su altri pianeti e, forse, ancora si trovano allo stato brado di libertà. Se costoro non comprenderanno che rechiamo loro la felicità matematicamente infallibile, nostro dovere è: costringerli a essere felici. Ma, prima delle armi, sperimenteremo la parola”. Le parole del Benefattore sono chiare e vengono annunciate a tutte le unità dello Stato Unico e D-503, semplice matematico, è lieto di poter testimoniare questo trionfo della razionalità e della precisione, appuntando sul suo diario ciò che vede e pensa, o meglio, ciò che NOI tutti pensiamo. Cosa ne sarà di questi appunti è presto per dirlo, ma è impossibile non gioire nel sentirsi parte di questo tutto cosmico e armonico, in cui la legge matematica è l’unica legge, e in cui tutti siamo uguali e perfetti, al riparo dai capricci delle emozioni e dei sentimenti e consacrati al nutrimento dello Stato Unico...
Al giorno d’oggi, termini quali distopia e ucronia sono d’uso comune, soprattutto grazie alla fortuna immensa di libri, film e serie TV che hanno quale comune denominatore la presenza di società del futuro – e in alcuni casi futuribili – caratterizzate da controllo pervasivo del pensiero, annientamento dell’individuo, repressione poliziesca e tecnocrazie più o meno dittatoriali. Ai tempi di Evgenij Zamjátin (1884-1937) e di questo suo Noi (pubblicato per la prima volta, in inglese, nel 1924), ci si poteva basare solamente su una grandissima immaginazione e su ciò che si riusciva a leggere nella filigrana degli eventi storici tumultuosi di quegli anni. L’autore, infatti, parte proprio dall’affermazione del sistema sovietico per estremizzarne i concetti e disegnare, in chiave satirica, una parabola in cui il conformismo e il collettivismo dell’Unione Sovietica vengono messi alla berlina. Nell’esaltazione della razionalità e della matematica che soffocano ogni rigurgito individualista e con i sentimenti e le emozioni visti come leggende metropolitane (oggi diremmo “fake news”) o come demenze organiche da estirpare, Zamjátin ci racconta la presa di coscienza del matematico D-503, protagonista e scrittore degli appunti che costituiscono il romanzo. L’opera rappresenta una riscoperta dell’uomo inteso come unità pensante e individuo in un mondo dove non c’è spazio per chi la pensa diversamente dal kosmos matematico dello Stato Unico, invincibile modello tayloristico di efficienza nel distruggere volontà e pensiero. Capostipite del romanzo distopico, Noi ha reso Zamjátin il vero e proprio Prometeo del genere, basti pensare che alla sua opera si sono ispirati capolavori immortali quali Il mondo nuovo di Aldous Huxley, Antifona di Ayn Rand e 1984 di George Orwell.