
Marta non torna spesso nel suo paese nelle Marche, dove l’attendono lo spettacolo dei gialli girasoli, il caldo quasi tropicale che appiccica le canottiere dei contadini e gli alberi che con le loro foglie creano tappeti per le volpi, i ghiri e i lupi. Ora però è costretta a farlo. Sua madre Antea ha bisogno d’aiuto per gestire la nonna Carlantonia, malata di Alzheimer, che peggiora di giorno in giorno. Così Marta recupera qualche capo d’abbigliamento, lo ficca in valigia già sapendo che non ne indosserà nemmeno uno poiché riutilizzerà i suoi vecchi vestiti di adolescente. Spinta a forza nella trasportina la gatta Mimma, che a differenza sua si adatta facilmente ai cambiamenti, parte. Torna raramente al paese, dicevamo, ma ci rimane sempre a lungo anche grazie ad un lavoro flessibile che le consente di non rendere conto dei suoi orari. Arrivata, non ha bisogno di fare grandi annunci, sa che basterà guardarla scaricare le valigie e vedere la sua macchina parcheggiata per capire che è di nuovo nel paese. Questo provincialismo un po’ la infastidisce. Essere sempre sotto gli occhi di tutti è faticoso, ma in fondo la fa sentire anche benvoluta. Le amiche di sempre, Caterina, Anita e Linda, entusiaste del suo arrivo, sperano in una lunga permanenza da riempire con gite alle grotte di San Eustachio, alle bellissime spiagge di Numana e Sirolo e altri fantastici posti della costa. Con le badanti che si avvicendano in casa per cercare di arginare il brutto carattere di Carlantonia, reso ancora più difficile dalla malattia, Marta si trasforma anch’essa in badante e mentre tratteggia la vita di quest’ultima da ragazzina fino alla cura che ha sempre avuto per lei e la sorella Laura, aspetta che i giorni si srotolino in una continua ripetizione…
Dopo l’esordio nel 2017 con Grande Era Onirica – anche quello edito da minimum fax – Marta Zura-Puntaroni torna in libreria con questo bel romanzo tutto al femminile. I temi trattati, sebbene decisamente densi, sono tracciati con delicatezza e, tra un ricordo e una riflessione, l’autrice ci accompagna all’epilogo pieno di speranza. Nei due romanzi, entrambi con una protagonista che si chiama Marta come l’autrice, sembra che si voglia rimarcare le difficoltà della generazione dei circa-trentenni nel fare scelte di vita più adulte. “A trent’anni è pure strano che ci siano tutte queste nonne di cui parlare, nonne che non siano già degnamente seppellite. A trent’anni la nonna dovrebbe essere quella che in verità è nostra madre, a trent’anni si dovrebbe stare al punto centrale della trinità bambina-donna-vecchia”. Il romanzo, attraverso una storia familiare che potrebbe appartenere ad ognuno di noi, pone l’accento sul tempo, a volte fermo altre volte troppo veloce, con le sue malattie e le perdite d’identità. Una storia delicata che consola nonostante i dubbi, le difficoltà, le titubanze o forse è proprio grazie a queste che infine si riesce ad accogliere la fragilità di esistenze che sono accomunate dalle paure, dalla realtà e che si prova a superare tramite il senso di comunità, i ricordi e le parole.