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Non dimenticarlo mai

Non dimenticarlo mai

Giulia compie quarantanove anni e, proprio mentre sta preparando il caffè, la sua esistenza le appare all’improvviso vuota e priva di significato. Un alternarsi frenetico di viaggi, alberghi, scadenze, riunioni, conferenze stampa - tutto quello che, in poche parole, fino a poco prima le sembrava corrispondere alla tanto agognata emancipazione - ha perso quell’aura di glamour ed è diventato pesante come un mal di testa da dopo sbronza. Giulia è una giornalista e si occupa di costume, i suoi genitori sono separati da tempo - la madre è una donna anaffettiva ed egocentrica, il padre è un artista completamente perso nel suo mondo e perennemente distaccato da ciò che di tangibile lo circonda -, ha un fratellastro a cui è molto legata e sta da tempo con Massimo, giornalista anche lui, con il quale tuttavia non convive. La decisione di vivere da eterni fidanzati è stata presa in comune accordo, a causa degli orari abbastanza improbabili di entrambi e, soprattutto, per una condivisa propensione all’indipendenza. La vita di Giulia è, agli occhi di tutti, realizzata e forse anche invidiabile; peccato che ai suoi occhi appaia un ripetersi sempre uguale dello stesso pattern, che le ha impedito di pensare, di crescere e di maturare il desiderio di cambiare. E oggi, all’improvviso, il fantastico castello di carte che ha creato è crollato e si è rivelato nella sua vera essenza: il suo stile di vita la sta nauseando, si sente confusa e vulnerabile e continua a chiedersi quale sia lo scopo finale del suo continuo affannarsi. Mentre si sciacqua il viso in bagno, la domanda che continua a ronzarle in testa è sempre la stessa: “Dove sono i miei figli?”. Giulia figli non ne ha avuti, perché non li ha voluti, fino ad ora. E adesso, mentre realizza di aver perso il treno più importante della sua vita, piange tutte le sue lacrime. Poi, piano piano, un’idea comincia a imporsi nella sua mente: forse non è ancora troppo tardi per diventare madre...

Il vuoto e il dolore vissuti non solo come momento di consapevolezza e profonda tristezza o malinconia, ma anche come motore per accendere quella forza, quella grinta e quell’orgoglio che, a volte, restano - un po’ vigliaccamente, forse - dormienti sotto strati di abitudini che finiscono per rendere accettabile una realtà che è invece troppo stretta e soffocante. Questa è l’epifania di cui scrive Federica Bosco - autrice nata a Milano, ma toscana d’adozione - in un romanzo che racconta, con l’ironia e il sarcasmo cui la scrittrice ha da sempre abituato i suoi lettori, il terremoto di un’esistenza apparentemente di successo, ma in realtà totalmente priva di significato. Giulia, la protagonista, vicina al giro di boa del mezzo secolo, avverte che la tanto declamata emancipazione, sulla quale ha fondato la sua quotidianità- fatta di un lavoro di successo, uscite nei luoghi che contano della Milano da bere e una storia pluriennale con un compagno con il quale i progetti di vita si limitano alle ferie da organizzare e ai menù a domicilio da ordinare- altro non è che un pugno di mosche e realizza all’improvviso che nella sua vita c’è una mancanza che, più di altre, la sconvolge e la rende incompleta: vuole essere madre, anche se sa perfettamente che il suo orologio biologico è molto vicino al punto di non ritorno. Comincia così un percorso difficilissimo e in salita, che Giulia deve affrontare mentre realizza che molto di ciò che ha costruito si sta sfaldando come neve che si scoglie al sole: le amiche si defilano; la madre - anaffettiva da sempre e narcisista senza speranze - continua a latitare; il compagno maschilista e opportunista continua a farsi di nebbia soprattutto quando la sua presenza farebbe la differenza. È una lotta impari quella intrapresa da Giulia, la lotta di chi ha il coraggio di staccarsi dalla sua comfort zone e aggrapparsi con le unghie e i denti al proprio diritto di inseguire un sogno senza essere giudicato. E, passo dopo passo, capisce che è proprio vero che non ci si salva da soli e che, di fronte a un desiderio, non importa tanto il raggiungimento dell’obiettivo quanto chi e come è disposto a seguirci nel nostro viaggio. È l’empatia l’arma più potente capace di proteggere un sentimento o una relazione. È la capacità di dare sostegno, e di chiederlo quando occorre, il vero motore dell’esistenza. La Bosco regala ai lettori una storia che non fa sconti; una vicenda in cui si sorride e si riflette; un racconto in cui il desiderio di maternità si fonde con i pericoli nascosti in ogni forma di egoismo e negligenza; un romanzo che parla di fierezza, di premura, di altruismo e di amore, magari imperfetto, ma incondizionato.