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Non si uccide per amore

Non si uccide per amore

Nel casello ferroviario alle spalle del Naviglio Grande, convivono tre generazioni dello stesso sangue. Iole, una figlia dei fiori con una mente molto aperta (non in senso ironico ma reale); una settantenne che pare averne cinquanta, Libera Cairati, figlia saggia di Iole, proprietaria del casello ereditato dall’adorato nonno Spartaco, che con i fiori ci vive; e infine Vittoria, poliziotta dura e pura che però alla fine dimostra che la genetica non è un’opinione. Da quando ha scoperto (da un biglietto trovato negli abiti) che il marito Saverio è morto (molti anni addietro) probabilmente perché tradito nel corso di un’indagine, Libera non sa darsi pace. La figlia rifiuta di essere coinvolta e lei è torturata dal dubbio che il traditore possa essere Gabriele, collega e amico, che dopo la tragedia ha preso Vittoria sotto la sua ala e si è dimostrato un pilastro sicuro su cui appoggiarsi. Questo per tacere del fatto che forse, ne è anche un po’ innamorata. Libera asseconda il suo bisogno di sapere lasciando campo libero alla sua “passione” per l’investigazione. Si rivolge al giornalista detto Cagnaccio, caporedattore de “la Città”, con cui ha già avuto modo di interagire. È sicura che lui potrà aiutarla nelle ricerche che la porteranno alla verità, una verità che oltre ad essere lontana nel tempo, lo è anche nello spazio…

Rosa Teruzzi, che a dispetto dell’aspetto esile e delicato, in mezzo alla cronaca nera ci vive – è caporedattore della trasmissione televisiva “Quarto grado” – è riuscita a portare avanti una storia seriale senza banalizzarla. Il titolo, perché non è che siano scelti a caso, potrebbe far pensare ad un qualche riferimento al femminicidio ‒ tema che ormai si tende ad infilare ovunque ‒ e invece la Teruzzi ci presenta la questione sotto tutt’altra luce, a memoria direi un punto di vista decisamente poco o niente usuale. Nella recensione di un romanzo precedente, ho descritto le protagoniste come donne libere e non liberate, qui mi è sembrato che uno dei focus sulle tre donne si sia spostato su come i tratti dell’una si intersechino con quelli dell’altra prendendo ciascuna dall’altra quello che le manca. Iole, sempre svagata, ha delle ottime idee e supporta Libera che a sua volta sembra prendere un po’ della pazzia della madre… e Vittoria, beh, Vittoria fa un po’ storia a sé sorprendendo tutti. Quello che poteva sembrare un romanzo conclusivo apre in realtà la strada a tante nuove e presumibilmente interessanti svolte. Un giallo scritto bene, proprio nel senso che trama è molto ben congegnata e che conferma il consueto garbo anche linguistico che è cifra propria dell’autrice.