
Estate 1962, Norvelt (Pennsylvania). Il giovane Jack Gantos, dall’alto dei suoi dodici anni, sta giocando nel giardino di casa con gli attrezzi di suo padre. Più che veri e propri attrezzi da lavoro sono oggetti militari da collezione che il padre ha ottenuto durante la guerra contro il Giappone e comprendono – oltre a un bellissimo binocolo mimetico e una bandiera del Sol Levante – un bellissimo fucile da cecchino. Il padre ha sempre detto a Jack di non frugare fra i suoi oggetti e soprattutto di non toccare il fucile. Ma la tentazione di provarlo è forte, l’emozione di imbracciare il fucile come gli eroi dei film al drive in anche. Chi poteva immaginare che il fucile fosse carico, e che sarebbe partito un colpo? Jack no di sicuro! Subito dopo l’incidente, fortunatamente senza conseguenze, Jack è raggiunto subito da sua madre che gli promette di non dire nulla a suo padre ma lo mette in punizione. Per tutta l’estate. Jack non potrà andare a giocare a baseball con Bunny, dovrà piuttosto aiutare l’anziana signorina Volker a scrivere i necrologi per il quotidiano del noioso paesino in cui gli è capitato di vivere: Norvelt…
Fin dalle prime pagine il lettore scopre che il protagonista del libro e il suo autore hanno lo stesso nome: Jack Gantos. Questo perché il libro, oltre a essere un mystery, è vagamente autobiografico e la parte storica è la più interessante del libro. La cittadina di Norvelt infatti esiste realmente e realmente prende il nome dalle ultime lettere del nome e del cognome della firts lady americana EleaNOR RooseVELT che ha inaugurato il piccolo borgo di Westmoreland Homesteads in cui i primi cittadini, nel 1934, erano i disoccupati nel periodo della Grande Depressione cui il governo ha dato casa e terreni da coltivare. Proprio loro hanno poi deciso di ribattezzare il paesino in Norvelt, in onore di Eleanor. Nel 1962, anno in cui si svolge la storia del libro, buona parte di quei cittadini sono dunque molto anziani. I giovani sono in un ristrettissimo numero e nella cittadina ormai semi-abbandonata sembra non accadere nulla di divertente, almeno per un ragazzino di dodici anni. Invece, all’improvviso, gli anziani cominciano a morire in modo un po’ sospetto, uno di seguito all’altro, in città arriva un gruppo di motociclisti dallo stile diabolico a vendicare la morte di uno di loro, deceduto proprio nell’amena cittadina, e Jack deve salvare la signora Volker da una serie di accuse fra cui l’omicidio. Insomma, quella che sembrava “una città noiosa da morire” all’improvviso si anima di misteri. Nonostante il ritmo di scrittura non abbia mai guizzi o ampie parabole ascendenti e i personaggi restino un po’ piatti, senza essere troppo approfonditi dal punto di vista psicologico, il libro è senz’altro interessante non solo per la storia particolare, ma anche per la Storia che si respira fra le righe. Jack Gantos, e in questo caso parlo dell’autore, è realmente nato nella cittadina che descrive fra le pagine e che il padre del Jack protagonista descrive come bolscevica, perché comunitaria e lontana dal sogno americano.