Salta al contenuto principale

Nowhere Man

Nowhere man

A Chicago è il 1994 e cade la Pasqua Ebraica. L’uomo si sveglia tutto intorpidito: è il giorno del colloquio. Da non molto è stato licenziato dalla libreria dell’Art Institute. Ora sta cercando di riciclarsi come insegnante di inglese per stranieri. L’uomo viene da Sarajevo, in Bosnia, ed è decisamente povero: dopo il licenziamento, per tirare avanti ha cominciato a vendersi i mobili, è in ritardo con in pagamento dell’affitto e la casa è piena di scarafaggi. Fuori, la giornata è tutto sommato accettabile, per la media di Chicago. La metropolitana invece puzza di orina: c’è un predicatore evangelico, il suo compagno che offre a tutti le noccioline, una signora con un foulard e una ragazza che legge un giornale, il quale titola «CADE LA DIFESA DI GORADZE». Dopo esser sceso dalla metro, l’uomo prende l’autobus e scende dopo diverse fermate, davanti a un ristorante cinese che si chiama New World. Una volta entrato nell’edificio viene accolto da una segretaria, che lo intrattiene fino a quando non arriva Robin. Sparsi nella sala d’attesa, ci sono giornali che parlano di Goradze e del Rwanda. Arriva anche Marcus: lui e Robin gli pongono delle domande in merito alle sue (inesistenti) esperienze pregresse nell’ambito dell’insegnamento; poi passano a descrivergli la struttura della scuola, la suddivisione delle classi, per poi mostrargliele direttamente. All’interno di una di queste c’è un uomo, che non appena lo vede entrare comincia a fissarlo. L’aspirante insegnante fa uno sforzo e finalmente ricorda: si tratta di Jozef Pronek, tempo fa abitava a Sarajevo, nel condominio di fronte…

“He’s a real nowhere man / Sitting in his nowhere land / Making all his nowhere plans for nobody / Doesn’t have a point of view / Knows not where he’s going to / Isn’t a bit like you and me?”... Le prime due strofe di Nowhere Man dei Beatles riassumono l’omonimo romanzo di Aleksandar Hemon. Hemon è uno scrittore bosniaco-americano che collabora anche frequentemente on “New Yorker”, “New York Times”, “Esquire” e “The Paris Review”. Scrive romanzi, ma ha anche contribuito alla sceneggiatura del film Matrix Resurrections (2021). In Nowhere Man il protagonista è Jozef Pronek (appare anche all’interno di Spie di Dio, altro libro di Hemon), un uomo di origine ucraina, emigrato negli Stati Uniti dalla Bosnia. Il romanzo affronta, attraverso narrazioni di persone che l’hanno conosciuto, tre fasi della vita di Pronek: la pacifica, romantica e sognatrice infanzia negli anni Ottanta a Sarajevo; il suo 1991 da studente a Kiev, nell’Unione Sovietica; il suo attivismo per Greenpeace negli Stati Uniti mentre dall’altra parte dell’oceano imperversa la guerra in Bosnia. Nell’arco di questi tre capitoli/racconti, emerge una figura complessa e complessata, sfibrata della sua essenza e svuotata di ogni punto di vista personale. Jozef Pronek ha vissuto la Storia e ne è stato completamente sopraffatto: non sa più chi è, né dove sta andando, né dove è stato. Può fare affidamento solo sugli altri. Ma gli altri, fa intendere nemmeno troppo sottilmente Hemon, non sono in grado di capirlo e, involontariamente, lo lacerano ancora di più: chi lo corregge continuamente mentre parla; chi gli pone domande sul conflitto in Bosnia; chi gli impone il proprio punto di vista sul conflitto in Bosnia. Tutte queste interazioni e prese di posizione lo spaesano, lo sradicano dal presente, facendogli perdere la propriocezione e, in ultima battuta, lo fanno impazzire. Uno stato d’animo, quello di Pronek, che guardandosi intorno non è poi così difficile ritrovare in molti dei volti spauriti che ogni giorno si vedono per strada.