
Vera proprio non ci si vede a perseguire la carriera accademica, piuttosto vorrebbe lavorare nell’editoria. E non come correttrice di bozze, lavoro da schiavi sottopagati e frustrati, ma pubblicando romanzi fantasy e facendo soldi a palate con i diritti sul merchandising. La Aspetti però, la sua relatrice, le consiglia, subito dopo la laurea, di fare domanda per il dottorato. In fondo, una studentessa brillante come lei potrebbe sicuramente avere possibilità di farcela. Vera di questo non è proprio convinta. Non è il laurearsi con 110 e lode a renderti una studentessa brillante. Il colloquio però, contro le sue aspettative, le vale il posto da grecista con borsa di studio, il che significa essere pagata per studiare, a patto di seguire qualche seminario con professori e ricercatori della facoltà, insieme a conferenze tenute da ospiti esterni. A coronare il percorso, la stesura della tesi con relativa pubblicazione e discussione. Niente esami ma qualche piccola corvée come dover assistere un docente agli appelli o tenere aperta la biblioteca dell’istituto durante il pomeriggio ed è proprio quando le spetta la chiusura che lavora alla stesura della tesi. Approfitta di quel tempo infatti per leggere qualcosa da cui trarre materiale. Due libri le interessano particolarmente, entrambi riguardanti storie di fantasmi nel mondo greco-latino, e tra le pagine di uno dei volumi salta fuori un bigliettino, che recita: “Allora è deciso, ormai dovrà lasciare questo mondo, e sarò proprio io a gettarlo tra le braccia della morte”…
Nulla di vero della bibliotecaria e grecista Flavia Rampichini: primo giallo per lei e primo giallo edito da Annulli editore, un romanzo che, afferma l’autrice (e del resto è abbastanza evidente), deve molto alle sue esperienze personali, agli anni passati da dottoranda di filologia classica. L’ambiente chiuso e ristretto della facoltà di Lettere classiche viene infatti restituito al lettore insieme a tutte le rivalità, gelosie e ipocrisie che lo caratterizzano, secondo precise modalità che solo qualcuno con esperienza diretta nell’ambiente avrebbe potuto descrivere. In questo breve romanzo dalle tinte non così fosche come potrebbe sembrare però Rampichini non si limita a creare una riuscita ambientazione universitaria, riesce anche a scavare con particolare intelligenza emotiva nelle personalità dei protagonisti, come nel caso di Vera, vittima di quella sindrome dell’impostore, spesso vissuta dagli studenti, in cui è la convinzione di non meritare i propri successi accademici a farla da padrone, la paura di star vivendo nella menzogna. Vera è avvezza alle bugie e dotata di una grande fantasia ed il concetto stesso di verità ha un gran peso all’interno del romanzo, non a caso ἀλήθεια è anche la parola riportata più volte sulla copertina, realizzata da Alfonso Prota. Nulla di vero si caratterizza poi per la scrittura lineare e priva di ghirigori, un tipo di prosa capace di allinearsi alla leggerezza della storia, nonostante la componente gialla, e di favorire un tipo lettura tutta d’un fiato e poco impegnativa.