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A occhi chiusi

aocchichiusi

Che bello riuscire a dormire fino a tardi! A giudicare dall’angolazione dei raggi del sole che entrano in soggiorno, devono essere passate le nove. Nel lussuoso e piccolo appartamento di Ryan, Edie adora farsi cullare dai rumori notturni, tipici della città: il rombo delle auto che passano sull’acciottolato; le sirene che fendono l’aria in lontananza e le grida degli ubriachi mescolate alle risate dei giovani. Si tratta di rumori così distanti dal silenzio che l’avvolge nella sua casa sulla scogliera, dove gli unici suoni sono le grida dei gabbiani e il rifrangersi delle onde contro le rocce. Edie deve ammettere che dorme meglio sul divano di Ryan che nel letto che condivide, a casa, con il marito Jake. Dopo essersi trascinata in cucina e aver bevuto un caffè, Edie controlla il cellulare: nessun messaggio da Jake. Non ha sue notizie da quarantott’ore. Meglio così. Di parole ne hanno consumate fin troppe ultimamente. Una pausa può solo aiutarli a far luce sull’intrico in cui si è trasformato, ultimamente, il loro matrimonio. Si dirige verso il bagno per fare una doccia, quando il campanello la costringe a tornare sui suoi passi. Deve essere Ryan, di ritorno dalla solita corsa. Avrà dimenticato di portare con sé le chiavi, pensa Edie mentre schiaccia il pulsante del cancello e apre la porta d’ingresso. No. Non si tratta di Ryan. Di fronte a Edie ci sono due agenti di polizia. Indossano l’uniforme e hanno un’aria molto seria. Non ci girano intorno. La fanno sedere sul divano e le spiegano che suo marito è stato aggredito, in casa. Ha riportato gravi ferite alla testa. I paramedici si sono attivati con ogni mezzo, ma non sono riusciti a salvarlo. Jake è stato dichiarato morto sul posto. Al momento, i dettagli sono pochi e confusi. Potrebbe trattarsi di una rapina finita male. Edie si conficca le unghie nei palmi delle mani, si pizzica la pelle e spera di risvegliarsi da un incubo. Ma i poliziotti non scompaiono e quella che le hanno appena raccontato è la cruda verità. Allora non le resta che formulare la domanda che le martella in testa: Ryan dov’è? Cosa gli è accaduto? Sta bene?...

Paula Hawkins – scrittrice inglese il cui romanzo d’esordio, La ragazza del treno, è stato un vero e proprio caso editoriale – racconta di aver cominciato la scrittura del suo quarto lavoro, un romanzo breve, “durante uno dei lockdown in Inghilterra: era inverno, le giornate erano buie, la gente si sentiva in trappola, isolata. Ho preso quelle sensazioni e le ho messe dentro a Edie: lei si sente isolata, sempre allerta, mai al sicuro”. Edie è una delle protagoniste della storia: affamata di attenzioni esattamente come Rachel Watson, personaggio principale de La ragazza del treno, desidera più di ogni altra cosa essere notata e dipende affettivamente da due uomini, Jake e Ryan. I tre, che ricordano parecchio e protagonisti di Jules e Jim, sono amici dai tempi del liceo e hanno formato un terzetto la cui natura ha i contorni non troppo definiti. Vivono in Scozia e la loro esistenza scorre lungo un tracciato più o meno certo fino a quando la morte di uno dei tre, avvenuta in circostanze poco chiare, ribalta ogni certezza e confonde. Il dramma, il conflitto che Edie vive mostra la sua completa incapacità di osservare ad occhi aperti ciò che la circonda; evidenzia la sua totale mancanza di empatia – soprattutto nei confronti di altre donne – e le devastanti conseguenze della relazione di amicizia, tossica e guasta, che ha caratterizzato fino a quel momento la sua quotidianità. Edie non è un personaggio simpatico e il lettore fatica ad immedesimarsi con lei, con le sue fragilità e con il suo scarso senso di solidarietà. Diventa tuttavia strumento efficace e potente tra le mani della Hawkins, che se ne serve per raccontare, in maniera efficace come sempre, le crepe di un animo che di fronte alla verità opta per la strada meno conveniente: chiude gli occhi, volge il viso altrove e sceglie di non guardare. Pur senza essere un capolavoro – l’autrice ha abituato fin troppo bene i suoi lettori in questo senso – la storia è un espediente narrativo perfetto per analizzare fin nel profondo l’animo femminile e il modo in cui esso si offre allo sguardo della società, intransigente e giudicante.