
A Parigi le avventure non bisogna andarsele a cercare come a New York, basta aspettare e aver pazienza e le situazioni più strane e inaspettate capitano da sole. Come la graziosa tredicenne nuda seduta sulle ginocchia di Alf, mentre il padre dietro un paravento si sta calando i calzoni e la giovane prostituta prosperosa attende e freme sul divano: “come guardare la vita in uno specchio deformante. Le immagini sono riconoscibili, ma perdio, talmente falsate, mostruose...”. Non è certo un pedofilo, Alf, uno di quelli che si nascono nei parchi per irretire le bambine, ma Marcelle - così glabra e spudorata - sa come eccitarlo. Si muove esperta e maliziosa, struscia, tocca, agguanta, strofina, cerca, fruga e freme, una donna in miniatura ma ancora acerba. Nel frattempo la prostituta sul divano smania illanguidita e vorrebbe la sua parte di divertimento, mentre tutti osservano Marcelle praticare sesso orale al padre, eccitando anche la “mignotta” che non perde tempo e attira Alf a sé. Ma la bimba vuole di più, vuole che Alf faccia sesso con lei e gli si mette a cavalcioni, favorendo la penetrazione, davanti al padre soddisfatto che li incoraggia, mentre ognuno accarezza, pizzica, titilla, succhia, strofina, bacia, sfruculia, geme, tasta, lecca...
Letteralmente “Opera di Miller”, in un gioco di parole tra il cognome dell’autore e il latino pistor, entrambi traducibili in “mugnaio”, ma che per estensione potrebbe tradursi con più precisione in “opera di colui che pesta come in un mortaio”, in un’allusione piuttosto esplicita. Opus pistorum fu commissionato a Henry Miller da Milton Luboviski, un libraio che aveva bisogno di materiale per i registi del porno degli anni Quaranta: l’autore accettò di buon grado vista la necessità di denaro e il compenso proposto (il porno, paga da sempre, evidentemente): e si vede! È una “storia senza storia”, non ha trama ed è solo un susseguirsi (e ripetersi) di sesso più o meno credibile, più o meno fantasioso, più o meno estremo, degno del peggior mercato del porno. Incesti, orge, voyeurismo, pedopornografia, scambi di coppia, bestemmie, depravazione, stupro come punizione, misoginia, prostituzione... in un crescendo delirante. Una carrellata di amplessi tra uomini, donne, bambine e animali in varie combinazioni, senza tabù, senza limiti, senza freni morali: una visione del sesso molto precoce. Una serie di elementi “politicamente scorretti” presentati con lo stile schietto e diretto di Miller, anche se mancano le considerazioni e le riflessioni che sono il marchio delle sue opere. I personaggi, pochi e marginali, sono solo lo strumento per stuzzicare la fantasia erotica. Lo stesso Alf (come half cioè mezzo? Mezzo uomo, cioè la metà che conta, insomma) non è altro che il sostegno su cui poggia il vero protagonista: Gian Giovedì. La scrittura cruda e scurrile, esplicita, volgare, ne fa un romanzo eccessivo, estremo e dissoluto.