Salta al contenuto principale

Ora che sono Nato

orachesononato

Appena nato, poco più di due chili di peso e il cranio ricoperto di lanugine e vernice caseosa, vive sulla propria pelle due violenze di portata enorme: incontrare la luce dopo nove mesi di buio assoluto e, soprattutto, incontrare il resto della sua famiglia. Suo padre Peppino Goldino fa il panettiere ed è estremamente orgoglioso di portare avanti questa professione da sempre nella panetteria di famiglia. Sua madre è Concetta Griace, detta Tina. È una donna per la quale non esiste avvenimento gaio che non nasconda, in agguato, una tragedia immane. Poi ci sono suo fratello Antonio, detto Tonino o Tonio e sua sorella Elisabetta, detta Bettina o Betta. E poi c’è lui, Fortunato, detto Nato. La sua nascita è il frutto dell’unione carnale tra il padre e la madre, certo. Ma è anche la conseguenza di un calcolo numerico partorito dalla mente diabolica di suo padre, che è in fissa con il numero cinque. Bene. Nato nasce, appunto, cinque anni dopo il fratello, venuto al mondo a sua volta cinque anni dopo la sorella, nata l’anno successivo al matrimonio dei suoi genitori, celebrato a fine 1973. E che c’entra quest’ultimo dato? C’entra eccome, perché uno per nove meno sette fa due. Due più tre fa cinque e il ragionamento non fa una piega. Secondo il racconto del padre, quando Nato viene al mondo lui si trova in panetteria. Secondo quel che racconta invece Tina, in panetteria c’è lei quella mattina, nonostante la pancia da nono mese compiuto. Peppino se ne sta al bar a fare la colazione di metà mattina, ché nessuno gli fa cambiare le abitudini, a quello. Tina abbassa da sola la saracinesca vecchia, pesante e arrugginita del negozio; da sola si mette in auto e si reca in ospedale dove, dopo qualche ora e un travaglio infernale, viene al mondo il piccolo Nato. Parenti e amici si buttano subito addosso a madre e figlio, e si dà il via al gioco delle somiglianze. C’è chi dice che il neonato sia tutto un Galdino e chi invece è convinto che abbia preso dalla madre; c’è chi lo vuole somigliante al fratello e chi allo zio. Somiglianze a parte, Tina Griace partorisce con Nato l’ultimo dei suoi figli, quello che le farà passare, gioie a parte, un sacco di guai...

Una famiglia ingombrante e caotica del Sud Italia, una di quelle in cui ogni occasione è buona per festeggiare e, insieme, criticare, spettegolare e discutere, è lo sfondo sul quale Maurizio Fiorino – artista e scrittore calabrese classe 1984 – fa muovere personaggi che bucano il foglio e catturano l’attenzione del lettore fin dalle primissime battute. A partire da Fortunato, ultimo nato nella nidiata, che cresce con il terrore di diventare un diabolico mix tra madre, invasata e malata immaginaria, padre, superstizioso senza possibilità di recupero, una sorella bugiarda patentata e un fratello balbuziente. In realtà tutto ciò cui Nato ambisce è diventare una ballerina di Non è la Rai prima e una Spice Girl poi. Nessun desiderio trascendentale, quindi: una semplice velleità artistica che tuttavia si scontra con un mondo anaffettivo che gli tarpa le ali; con una realtà con la quale è parecchio difficile integrarsi; con i cliché di una terra e di una mentalità tutt’altro che aperta al nuovo e alla curiosità. L’unico modo per essere se stesso passa quindi attraverso l’affrancarsi da quel mondo che lo opprime e da quei muri alti che gli precludono la possibilità di posare lo sguardo su un altrove possibile. E solo quando Nato avrà trovato la propria dimensione sarà pronto per accettare il microcosmo così singolare e complesso costituito dalla sua famiglia d’origine, idiosincrasie e difetti inclusi. Con uno stile ironico e pungente, che mostra qua e là note malinconiche a volte toccanti, Fiorino mostra lo spaccato di una realtà possibile e offre al lettore personaggi a tutto tondo unici e spesso esilaranti. Una lettura consigliata a chi sia alla ricerca di un sorriso non fine a se stesso, ma che diventi l’anticamera di una riflessione più approfondita e più seria.