
Un lettore presta sempre orecchio all’autore del libro che sta leggendo. Per tenere il segno e ricordare dove ha interrotto la lettura può usare dei segnalibri, ma se ne è sprovvisto o se non è solito farne uso, potrà ricorrere alla pratica assai diffusa di fare un’orecchia all’angolo della pagina. Si tratta di orecchie temporanee: riprendendo a leggere si dispiegano e si sostituiscono con altre più avanzate, poste a segno dei nuovi traguardi di lettura, fino a che non si finisce il libro. Esiste però anche un altro tipo di orecchie, quelle che si fanno agli angoli delle pagine che hanno colpito di più, che hanno rappresentato una rivelazione, le orecchie “fisse”. Ma quanto spesso capita che il lettore vada a ricercare quelle pieghe all’angolo alto o basso, destro o sinistro delle pagine con cui più profondamente l’autore ci ha parlato? A chi capitasse di rileggere quei passaggi a distanza di anni colpirebbe la scoperta di orecchie che si erano dimenticate; la forza di altre rimaste fossilizzate nella propria testa, che si è portate con sé persino in altri libri insieme al resto del proprio bagaglio di conoscenze e idee, che si è applicate nella vita reale; altre ancora, di cui pure sembrerà di avere un ricordo certo, non si riusciranno più a scovare, e rimarrà di loro solo un vago ma pregnante sentore. Esistono poi orecchie che si sogna di fare, che si sa si faranno quando si avranno finalmente sottomano quei libri di cui si è sentito parlare o che si è scoperti da soli, orecchie della mente poste a promemoria...
Luigi Mazzotta, forte lettore e “orecchiatore” di libri, ha deciso di riprendere in mano i passi che hanno costruito il suo percorso di lettore e di uomo, padre, formatore del personale, giocatore e amatore di rugby. A partire da ogni testo citato, Mazzotta ci svela le riflessioni che questo gli ha scatenato, dalle più filosofiche alle più pragmatiche, dalle più liriche a quelle giocose. Uno dei discorsi di fine anno di K. Vonnegut gli ispira la stesura di un elenco delle proprie dieci piccole felicità; un passo di Carofiglio sulla capacità di immaginare odori lo trascina indietro nel tempo alla ricerca quegli odori unici di certi luoghi o persone; le lettere pittografiche scambiate tra analfabeti lontani citate da Bufalino lo portano agli altri segni che gli uomini hanno tracciato nel corso della storia per rappresentarsi, le grotte preistoriche, i geroglifici, i pittogrammi di presentazione della specie umana inviati con le sonde Peoneer 10 e 11 nello spazio; l’idea dei viaggi non ancora letti di De Maistre intorno alla propria camera, lo fa pensare al sapore di vongole evocato nella ricetta degli Spaghetti alle vongole fujute grazie all’odore del prezzemolo e al sapore e al rumore dei sassolini di mare usati per il condimento. Mazzotta ci dona un diario sui generis compiendo quella fusione di orizzonti che si produce nell’incontro tra l’oggetto libro e il soggetto lettore e che per Gadamer porta alla piena comprensione. Riattualizza il senso di tutte quelle orecchie, riportandole nella pratica, nella propria vita.