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Ottocento

Ottocento

Diciotto marzo 1797, Aiello del Friuli. Dopo aver occupato questa località, il comandante dell’esercito napoleonico incaricato dell’impresa si reca presso un presunto castello medievale, che in realtà è solo un grande edificio di forma quadrata munito di due alte torri, adibito a ospitare i contadini. I soldati francesi vengono accolti dal proprietario, il marchese Luca De Bona, nobile originario di Ragusa in Dalmazia, che ha abbandonato la sua città per acquistare e gestire una tenuta agricola nel Friuli. Sedici anni dopo, il diciannove ottobre 1813 Napoleone viene sconfitto a Lipsia e da quel momento inizia la sua caduta. Ragusa (Dubrovnik) finisce sotto il dominio dell’Impero austriaco e vi rimarrà fino alla conclusione della Prima guerra mondiale. I nobili della città dalmata sono soliti trascorrere le vacanze lontano dalle loro residenze cittadine, in aperta campagna; quando i contadini li vedono passare con le carrozze o a cavallo, sanno che i signori sono talmente superbi da non degnare dei propri sguardi nemmeno la bellezza della natura, figuriamoci se mai concederebbero una preziosa attenzione al popolo. Ma dopo l’occupazione austriaca, gli aristocratici intenti a raggiungere le residenze di campagna hanno un’altra ragione per non voltarsi al loro passaggio; non vogliono guardare Ragusa oltraggiata dalla presenza degli stranieri, dai palazzi semidistrutti agli edifici religiosi profanati e adibiti a caserme militari. Vari di loro hanno combattuto a lungo per la libertà da ogni oppressore, come il padre di Lorenzo Natali, il conte Natali, ma non ce l’hanno fatta. Il figlio si munisce di una Venera, l’ultima imbarcazione ideata per la pesca in mare, che compra in società con un certo Dussan Bregovich, a cui vuole dare il nome di Biagina in onore a San Biagio, patrono di Ragusa. Il socio si accontenta del trenta per cento del patrimonio costituito dall’acquisto, mentre il restante settanta per cento va a Lorenzo. Quest’ultimo è assai preoccupato: malgrado sia iniziato il Congresso di Vienna i vecchi nobili continuano a rifiutarsi in modo assoluto di accettare la realtà, evitano di leggere le pubblicazioni informative distribuite dai soldati austriaci e preferiscono continuare a fuggire nelle loro residenze estive per comporre poesia latina in esametri. I giovani come Lorenzo, invece, vogliono restare in città a guardare in faccia il nemico, magari approfittando dei loro palazzi ormai deserti per ospitare amanti e fidanzate ben disposte nei loro confronti. Una sera i Natali incontrano Giovanni Caboga, che conosce alcuni nobili di Ragusa trasferiti a Trieste, tra cui il figlio del marchese Luca De Bona Michele: è essenziale che gli aristocratici ancora in città si tengano in contatto con gli emigrati che possono aiutarli a contrastare gli Austriaci...

Attraverso alcuni personaggi immaginari, tra cui lo stesso Lorenzo Natali, l’autore ricostruisce la storia di Dubrovnik (Ragusa) in un momento fondamentale per il suo destino politico. Siamo nei primi dell’Ottocento, durante e subito dopo l’evento che fece da spartiacque tra l’Ancien Régime e le sommosse che porteranno all’Età Contemporanea: il Congresso di Vienna. Quest’ultima città emerge in tutto il suo splendore a fare da sfondo all’ultimo accordo tra le potenze conservatrici, destinato a essere rese vano dai successivi moti insurrezionali. Ma sul momento le piccole repubbliche come Venezia o la dalmata Ragusa furono costrette a piegare il capo e a rinunciare alla propria libertà. La stessa sorte toccò a Lucca. I personaggi di Caracci, tra cui compare lo stesso Andrea Altesti già protagonista di un’opera precedente dell’autore – Altesti il Raguseo edita da Gaspari nel 2020 – si impegnano a fondo nel tentativo di impedire l’inevitabile, rappresentano la lotta dell’elefante con il topolino nella battaglia per la libertà della loro città contro i maggiori uomini europei di governo, affermatisi con l’esilio a Sant’Elena di Napoleone, tra i quali il sommo Metternich. Interessando oltre a Ragusa il destino di tutto il Mediterraneo orientale, le vicende narrate in Ottocento assumono un respiro di carattere internazionale. L’autore non manca giustamente di elencare anche le terribili conseguenze economiche e sociali, che la definitiva occupazione austriaca portò sulla Dalmazia. Il tutto attraverso una nutrita schiera di personaggi intenti in ogni modo a richiamare l’attenzione del lettore su di loro, che possono essere condivisi o criticati, interessare o annoiare, ma difficilmente possono essere giudicati superficiali. Uomini e donne mai descritti fisicamente in modo accurato, ma che si fanno conoscere per le vicende di cui sono protagonisti. Parte di questi viene “promossa” dall’autore al ruolo di narratore, tanto che la storia ci arriva da diverse fonti: escamotage letterario di sicuro effetto, per dare l’impressione che il libro possa trasportare direttamente nell’atmosfera del momento storico raccontato. Avvocato udinese settantacinquenne, ai lettori Cristiano Caracci è noto per una lunga lista di opere a metà strada tra la storia e il romanzo, tutte ambientante nel Mediterraneo orientale. Da La luce di Ragusa (Bottega Errante, 2005) a L’Adriatico insanguinato (Santi Quaranta, 2014) e al Tramonto di Ragusa (Bottega Errante, 2015), oltre alle raccolte di racconti pubblicate con le Edizioni SBC di Ravenna Due racconti ottomani e Levante Veneto.