
Quando l’ultima fonderia di ottone della città di Waterbury chiude, segnando i destini economici di molte famiglie della zona, Elsie Kuzavinas è costretta a lasciar da parte i suoi sogni di poter abbandonare la sonnolenta vita di provincia e deve ripiegare su un impiego al Betsy Ross Diner. Qui fa la conoscenza dello chef albanese Bashkim, che dopo tre settimane di conoscenza le giura su Allah di non aver mai visto una ragazza più bella di lei. Quel semplice complimento è sufficiente per far capitolare Elsie e dare così inizio alla storia d’amore tra i due, su cui pende sempre la minaccia di Agnes, la moglie che Bashkim ha lasciato in Albania. Dopo settimane passate a frequentarsi sui sedili della Fiero, il coupé bianco di Bashkim, l’uomo porta Elsie nella casa da dodici stanze in cima a Hillside Avenue che condivide con altre venti persone. Bashkim le parla dell’Albania, della dittatura di Hoxha e del crollo del sistema comunista, del passato che si è lasciato alle spalle e del futuro che è venuto a cercare in America, un futuro che passa anche per alcuni investimenti che lui sta facendo nel Paese natale e a cui ha affidato il sogno di poter smettere un giorno di girare hamburger per altri, aprire un posto tutto suo e offrire a Elsie tutto ciò che lei potrebbe desiderare. Elsie sta ad ascoltare, incerta se credere oppure no a tutti questi racconti. Quello che è certo, è che Bashkim sembra molto serio: forse potrebbe anche trattarsi semplicemente dei trucchi di un bravo ipnotizzatore, ma Elsie decide di non sottrarsi e di accettare l’offerta. Dopotutto, un sogno impossibile è sempre meglio che non avere nessun sogno…
Ottone racconta la storia di due donne costrette a mettersi in cerca della loro identità in mezzo a mille difficoltà. Da un lato abbiamo Elsie Kuzavinas, figlia di lituani emigrati negli Stati Uniti, che dopo l’incontro con Bashkim si trova a dover fare i conti con le usanze e il modo di vivere di una comunità del tutto diversa da quella di origine, noncurante delle avvertenze della madre che aveva cercato invano di ammonirla di stare lontana dagli “albanesi del Ross”. Dall’altro lato abbiamo Luljeta, la figlia di Elsie, che dopo aver ricevuto una lettera di rifiuto che manda in mille pezzi le sue speranze di potersi conquistare una piccola fetta del sogno americano si mette in viaggio alla ricerca disperata di suo padre, per ritrovare traccia delle sue radici perdute. L’alternarsi delle due storie, oltre a intrecciare un profondo legame tra le generazioni, crea anche una sorta di simmetria speculare nella quale le vicende e i casi della vita, al di là delle differenze superficiali, sembrano ripetersi sempre uguali, come a tracciare un destino ineluttabile da cui è impossibile riuscire a fuggire. Sia Elsie che Luljeta, anche se per motivi e in modi diversi, hanno dovuto rinunciare al sogno di lasciare la vita di provincia e tutte e due dovranno cercare di tracciare la loro traiettoria di vita senza poter contare su molto altro se non su loro stesse, sulla loro determinazione e sulla loro forza di volontà. Tutte e due dovranno impegnarsi in una dura lotta contro un mondo che le respinge e nel quale le figure maschili sono confinate sullo sfondo o fungono da ostacolo, ma è proprio da questa lotta che il legame tra di loro emergerà più forte di prima. E anche se questa consapevolezza non è di sicuro sufficiente a porre rimedio a tutte le storture del mondo, può comunque regalare un momento di tregua, “una breve pausa tra tutto ciò che è successo e qualunque cosa ti riservi il domani”.