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Padre di Dio

Padre di Dio

Quando Dio prese il suo cavicchio e districò il tempo, cominciò a creare la Terra. In principio incaricò i druidi celti, ma il primo tentativo fu fallimentare; non si può affidare la creazione del mondo a una religione nata dalla Commozione per la Bellezza, e fondata da uomini con i capelli tremendamente rossi, per giunta. Così Dio lasciò il suo terrario e cominciò a dormire e sognare le cose che avrebbe creato. Nel frattempo la governante Bartje si prendeva cura della casa a sei vani a forma di cubo. Dio sognava e nelle stanze si materializzava di tutto, con grande sorpresa di Bartje: un orango parlante, un serpente, leprotti e conigli, agnelli, amplessi e poco prima del risveglio un uomo di nome Mosè arrivato fino alla casa di Dio per rubare i Comandamenti e le tavole della legge. Non era più il caso di dormire. A quel punto a Dio, riposato ma non sereno, fu chiaro che per sistemare per bene il mondo sarebbe dovuto intervenire di persona. Cominciano così a Gerico “Le avventure di Dio nel deserto”...

Padre di Dio è il secondo romanzo di Driessen dopo una pausa di tredici anni dal suo esordio letterario. La scelta narrativa di creare una storia attraverso capitoli molto diversi fra loro nel registro stilistico (comico à la Pratchett quando si descrive il mondo di sopra con Dio, le sue colombe, Bartjie e gli Angeli, filosofico sulle orme de Il Vangelo Secondo Gesù Cristo di Saramago nelle parti riferite a Giovanni Battista e alle avventure sulla Terra di Gesù e Giuseppe) rallenta la lettura, e si coglie nel testo la frammentarietà tipica del teatro (l'autore è regista di opere liriche e teatrali, ben più che romanziere). L’intento di creare una strada alternativa alle vicende (poco note) della vita di Gesù negli anni dell'adolescenza fino al suo battesimo per mano del cugino Giovanni è originale e senz’altro interessante, ma il lettore non riesce a gustarne fino in fondo il corso, soprattutto per i molti tratti troppo verbosi, intrisi di ragionamenti intimisti e filosofici che mal si amalgamano con gli anacronismi paradossali (Dio ordina alla governante piatti e cucina nuovi, perché non ha voglia di andar per negozi) e le intuizioni comiche e brillanti: “Ma senti, Maria – disse impacciato (l’arcangelo Gabriele, ndr) – quell’usignolo che canta per te”. “Non è un usignolo, è un merlo” – disse Maria. L'autore si riprende bene sul finale, con una perfetta chiusura del cerchio, profondamente umana: “Questa è la storia dell'uomo, non fatene un’opera per angeli” ricorda Adonai ai suoi arcangeli, militarizzati e sempre pronti a modificare le sorti degli eletti a loro piacimento.