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Pagalamòssa!

Pagalamòssa!
In un pomeriggio d’estate caldo e noioso, una di quelle domeniche che sembrano non finire mai, due ragazzini stanno giocando nei pressi di un cantiere. Hanno varcato la recinzione, gironzolato con la bici, hanno tentato di scassinare il baracchino degli attrezzi e si sono lanciati a capofitto nei mucchi di ghiaia. Ma niente è divertente come giocare a “paga la mossa”. Paga la mossa è un giochino un po' sadico e un po' cretino molto in voga tra i maschietti (soprattutto quelli nei pressi della pubertà) che consiste nell’infliggere una punizione fisica a chi, a fronte di un colpo fintato, si schermisce, schiva o comunque effettua un minimo movimento. Quando sgarri non ci puoi più fare niente: il tuo corpo è proprietà dell’avversario per la durata di sette colpi e mezzo, e lui può decidere se essere clemente o infierire con tutta la sua forza. Ma Mailo, il ragazzino più sveglio e smaliziato dei due, non è un tipo che sa essere clemente: i suoi cazzotti sono potenti, dati a tradimento, e colpiscono proprio dove fa male. In casi come questi, la maggior parte delle volte, il gioco finisce per diventare una vera e propria scazzottata. Ed anche questa volta tutto sembra andare proprio in quella direzione. Però Mailo scappa verso il cantiere, ed è troppo veloce. E poi i due ragazzi sentono degli strani rumori: la zuffa, per il momento, è scongiurata. Quello che hanno appena scoperto è molto più interessante di qualsiasi stupido gioco…
Chi da ragazzino non è ricorso a giochini idioti come questo “paga la mossa” per rompere la monotonia delle domeniche pomeriggio? E chi non ha visto quel gioco trasformarsi in rissa fino a rompere addirittura delle storiche amicizie? A Sasha Naspini – scrittore toscano classe ’76 – deve essere capitato per forza, perché questo racconto trasuda di ricordi reali. E, con uno stile semplice e piacevole, in poche righe ci riporta alla mente analoghi episodi della nostra gioventù. L’adolescenza è un po’ come il militare: durante quei periodi soffri, ti ribelli e tieni comportamenti da perfetto imbecille. Eppure entrambe le esperienze scrivono nella memoria episodi indelebili che, alleggeriti dagli anni della tragicità del momento, vengono rievocati con divertimento e nostalgia. Imbattersi nel racconto di Naspini è un po’ come contattare un vecchio amico su Facebook (il racconto è pubblicato da Perdisa Pop, che qui diventa Epop, solo in versione ebook) e rievocare insieme a lui il passato: “Ti ricordi quando giocavamo a paga la mossa? Quanto eravamo stupidi! E ti ricordi quella volta che abbiamo visto la Beatrice Rosati nel cantiere?” Facile quindi che dopo la sua lettura un sorrisetto nostalgico vi spunterà da sotto i baffi. Ma non esagerate con i rimpianti: il tempo passa, il mondo va avanti e la tecnologia progredisce, permettendoci, con un semplice clic, di chiacchierare con un amico che non vediamo da tanto tempo. O di acquistare, comodamente seduti in poltrona, un racconto piacevole come questo.