Salta al contenuto principale

Palomar

Palomar

Il signor Palomar è nella sua bottega dei formaggi di fiducia, per la precisione è in coda e aspetta pazientemente il suo turno. Vuole comprare quei formaggini di capra sott’olio, quelli conservati in quei bei vasi di vetro con tutte quelle spezie che galleggiano. Più che una bottega di formaggi, a onor del vero, questo negozio parigino è un museo, un luogo sacro. Già l’insegna – che recita “Spécialités froumagères” – avverte che qui non ci si limita a mozzarelle e tomini, qui c’è tutto il sapere, l’essenza del formaggio. Quattro ragazze con il grembiule rosa, servizievoli, cortesi e veloci servono i clienti. C’è chi, mentre in coda prosegue verso il bancone per essere servito, non si ricorda più cosa voleva comprare ma si lascia tentare e chiede di assaporare prelibatezze mai provate, c’è chi prende ciò che deve ma alla lista aggiunge sempre formaggi nuovi che a casa sperimenterà, c’è chi è rigido e cerca di non guardare e non farsi catturare dagli odori, testardamente porterà a casa ciò che deve. Palomar dal canto suo è molto combattuto. Combattuto dal desiderio di provare tutti i formaggi e di trovare quello perfetto come può essere perfetto solo il cibo degli Dei (cosa che chiaramente il formaggio è), e dalla voglia di non scegliere il proprio formaggio, ma farsi scegliere da esso. Palomar si sente come un autodidatta davanti a un’enciclopedia: potrebbe classificare tutte le forme, le consistenze, i tipi di croste, gli ingredienti coinvolti nella pasta dei formaggi, come pepe, noci, uva passa, erbe, sesamo e muffe, ma ciò non basterebbe a raggiungere la conoscenza dei sapori – che è fatta principalmente di memoria e immaginazione. Il signor Palomar pensa che in ogni formaggio c’è un pascolo, un cielo, e un segreto diverso tramandato per ognuno da secoli e secoli. E allora tira fuori un taccuino e ad ogni nome di formaggio aggiunge una nota, una forma, un colore che gli faccia ricordare. Ma ecco! Tocca a lui ora! Ha pronta un’ordinazione elaboratissima da vero gourmand. Palomar ha davanti la ragazza di rosa vestita, lei aspetta già da qualche secondo. Lui balbetta, suda, non è più concentrato, soprattutto non ha più memoria. Ed è ora che avviene l’abominio!: il signor Palomar chiede il formaggio più scontato, banale e sì, assolutamente il più pubblicizzato. Tutte le banalità della civiltà di massa, tutta l’omologazione sono sempre state lì dentro di lui, e sono uscite fuori di botto, come se stessero aspettando solo un attimo di distrazione…

Italo Calvino non ha certo bisogno di presentazioni essendo senza ombra di dubbio uno dei più grandi scrittori Italiani di sempre. Quest’opera, una delle ultime di Calvino, non è forse tra le più conosciute, probabilmente per la natura introspettiva della stessa, ed è considerata da molti come fortemente autobiografica. Nulla descrive meglio il senso del libro, il signor Palomar (che prende il nome, non a caso, da un osservatorio astronomico), quanto le parole dello stesso Calvino: “Rileggendo il tutto, m’accorgo che la storia di Palomar si può riassumere in due frasi. Un uomo si mette in marcia per raggiungere, passo a passo, la saggezza. Non è ancora arrivato”. Palomar cammina, infatti, ma non sa esattamente dove vuole arrivare, o forse non gli importa un granché, la cosa importante è il cammino; il cammino che deve essere solitario e muto. Palomar, infatti, è colui che riesce a osservare l’infinito nel suo prato. Un personaggio geniale, un uomo che ricorda Marcovaldo e al tempo stesso ne è l’esatta antitesi: Palomar non sarà mai sereno; forse egli guarda fuori di sé per non guardare dentro di sé? Palomar può fuggire e sfuggire al mondo di cui volente o nolente fa parte, analizzando un elemento alla volta e cancellando il contesto? Il libro è diviso in tre parti: “Le vacanze di Palomar”, “Palomar in città”, “I silenzi di Palomar”, ciascuna costituita da nove brevissimi frammenti: la prima parte fa sì che il lettore si unisca alle esperienze visive di Palomar, al suo sguardo che scruta il mondo e l’universo; la seconda parte riguarda la cultura, la società, il linguaggio che si trova fuori e dentro il nostro protagonista; la terza invece è la parte introspettiva, meditativa e sicuramente più filosofica. Trattasi signori di uno di quei capolavori da leggere con calma e da riprendere di tanto in tanto perché – come un gioiello prezioso – deve essere sfoggiato nelle occasioni speciali, con cura, senza esagerare.