
Un papà-scrittore, per fare una pausa, si trasferisce dal suo studio alla sala biblioteca di casa dove incontra sua figlia che, sola soletta, sta lì seduta sulla panca a leggere il loro libro preferito, un librone formato gigante. Lui le siede accanto e, come temeva, comincia a fargli le più articolate domande su “chi ha inventato cosa”. Il padre risponde come può, facendo ricorso a quel che sa o inventa risposte sul momento. Ora che sta lì a sfogliare le pagine del libro, ad esempio, alla bambina viene spontaneo chiedere chi ha inventato la carta. Sono stati i cinesi, risponde il padre. Poi si sente qualcuno suonare una musica rock e subito la domanda è: chi lo ha inventato? Alcuni americani a cui piaceva ballare, risponde con pazienza il padre. Quando dalla finestra entra un raggio di sole, lei chiede chi ha inventato il sole. Allora il padre fa ricorso ai testi presenti in biblioteca e sfoglia con lei un libro sull'origine dell'universo. Ma la bambina non si ferma e continua: chi ha inventato l'alfabeto? Gli antichi greci. E se il padre le racconta le storie degli dèi e degli eroi greci, fino ad arrivare alle guerre di Sparta, lei chiede chi ha inventato la guerra. Gli uomini, chi altro potrebbe aver inventato qualcosa di così terribile? E chi le coccole? E il crème caramel? Sempre gli uomini; la nonna Diana. E l'uomo, chi ha inventato l'uomo? Qui subentra la relatività: qualcuno pensa che l'uomo discenda dalla scimmia, spiega il padre, altri attribuiscono la sua origine a Dio. Ma se il padre sembra sorprendersi delle domande e si ritrova a chiedersi quale sarà la successiva, la figlia non si sofferma affatto sulle risposte... le scappa la pipì? Ancor prima di correre a farla, chiede chi ha inventato il gabinetto. E la tristezza? Il rossetto? Le punture? Il papà vorrebbe tornare a lavorare nel suo studio, ma la bambina continua ad incalzarlo: visto che lui scrive storie, chi le ha inventate, le storie? E, dulcis in fundo, lei stessa, la bambina, chi l'ha inventata?
Sembrerebbe dedicarla alle figlie, Ilan Brenman, questa storia. Invece la rivolge “a tutti i curiosi del mondo” perché - come spiega alla fine del volume - secondo lui “i grandi inventori sono quelli che sono riusciti a conservare intatta la curiosità infantile”. Questo dovrebbe fare un bravo insegnante: “mantenere viva la curiosità e l'irrequietezza dei bambini”! Lui le ritiene irresistibili, le domande della figlia, la curiosona di cui parla il libro, tanto che racconta di essersi spesso divertito a trovare risposte sul momento, anche se per darne alcune altre ha dovuto mettersi a studiare. La sensazione invece, leggendo, è di una certa insofferenza, anche perché poca attenzione sembra dare la bambina alle risposte, pur ricercate, del padre. D'altra parte si sente la soddisfazione dell'autore che, viste le tante storie per bambini che ha messo insieme nella sua carriera (più di sessanta i suoi libri pubblicati e premi su premi), ritiene di aver esaudito il suo sogno di bambino di svolgere le professioni più disparate, dall'astronauta al pompiere. Divertenti le illustrazioni di Anna Laura Cantone che racconta di ispirarsi, tra gli altri, a Jacovitti per l'uso che fa dell'ironia (e infatti le somiglianze si colgono). I bambini intorno ai 5 anni, cui è rivolto il libro, apprezzeranno sicuramente...