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Paradiso e naufragio

Paradiso e naufragio

L’uomo senza qualità (1930-1942) è il romanzo-saggio che Robert Musil compila per buona parte della sua vita e che resta incompiuto alla sua morte, perché l’obiettivo che si era prefisso, quello di colmare la frattura umana che chiarisca il rapporto causa-effetto e il senso stesso dell’esistenza sulla Terra, non è raggiunto, anzi è destinato a naufragare. In perfetta coerenza e continuità con la sua produzione precedente, Ulrich, il protagonista, l’uomo senza qualità, riprende la ricerca esistenziale dal punto stesso dove l’adolescente Törleß (I turbamenti del giovane Törleß è il romanzo di esordio di Musil, 1906) chiude la sua vicenda narrativa: tutto è caos. Ma Ulrich, uomo adulto, ha scelto una nuova chiave di lettura, un nuovo strumento di indagine, cioè il rigore della matematica: lui, uomo senza una qualità apparente che lo distingua da altri e che lo collochi con precisione nella società, è un matematico di professione e, in virtù del suo mestiere, prova a dare a questo caos una visione razionale, cerca di discernere le remote regole che sfuggono ai più. Per farlo attraversa, in modo sistematico e puntuale, tutte le sfaccettature della società che lo circonda, sentendone l’inadeguatezza ed il limite, l’ipocrisia e le contraddizioni, ma anche le potenzialità: si dibatte fra il senso del reale ed il senso del possibile, attraversando con cautela la Kakania (nome che attribuisce con irriverente disprezzo al regno austro- ungarico), celando le sue passioni ed i suoi pensieri, una maschera fra gli uomini. Se ne deduce che «l’uomo senza qualità è precisamente colui che ricerca insieme forma e decisione, che vuole conferire forma al flusso dei casi e decidersi a un tempo di volerne spezzare il continuum esprimendo la propria irriducibile interiorità» (Cacciari) Per questo il viaggio verso il Paradiso è il tentativo di dare ordine razionale alle cose della vita, il naufragio è l’esito scontato, ma infelice, del suo viaggio...

Einaudi ripropone, interamente rivista e corretta, la lezione che Massimo Cacciari diede alle stampe nel 2003 in un’opera collettanea curata da Franco Moretti su Il romanzo (vol.V , pp.491-537). Il saggio, che si innerva sulla ricerca decennale di Cacciari sulle radici filosofiche nel pensiero negativo, da Nietzsche a tutti i pensatori dell’area mitteleuropea, fornisce una ben definita chiave di lettura del testo di Musil, intrecciando il percorso euristico direttamente segnato dal testo, con il resto della produzione dell’autore austriaco ed in particolare con i suoi Diari (pubblicati sempre da Einaudi nel 1980, a cura di Enrico De Angelis). Con «la sua consolidata tecnica ermeneutica, che coincide con un ben preciso passo di scrittura» (definizione di Giampiero Moretti, su Il Manifesto del 10 aprile 2022) Cacciari propone, e sostiene con solide argomentazioni, la contrapposizione fra il «disincantamento statistico» ed il «senso della possibilità» come la cifra del romanzo-saggio di Musil: Ulrich sembra vagare e divagare in un presente che non gli appartiene, al quale si reputa estraneo, nel tentativo di definirne «i punti critici dei “valori” del mondo in cui vive, delle “visioni” che lo rappresentano. Per questo gli è necessaria una prospettiva, un metro di misura.» (Cacciari) Una lezione-saggio illuminante e convincente, ricca e documentata ad ampio respiro, che da un lato riprende e rafforza i legami fra il mondo poetico-filosofico di Musil e quello di Friedrich Nietzsche, e dall’altro riprende anche le affinità con il contemporaneo Tractatus logico- philosophicus di Ludwig Wittgenstein (edito nel 1921) che proprio nella matematica e nelle scienze esatte metteva il fulcro di ogni riflessione esistenziale. Disturba lo stile di Cacciari, volutamente verboso e indisponente nella esposizione, stratificata ed ermetica. Ma tant’è.