
“Avrei voluto non avere null’altro da fare che attenderlo”. Chi parla è una donna che vive una relazione esclusivamente sessuale con un uomo. Relazione ossessivo/compulsiva, giacché tutta la sua vita ruota intorno all’attesa che lui la chiami, libero per qualche ora dalla moglie, che la raggiunga nel suo appartamento, che facciano l’amore. Niente ha più importanza, o meglio, tutto ha un’importanza superficiale e relativa (il lavoro, i figli, le relazioni sociali, la propria dignità). L’ossessione è A., uomo dell’Est europeo, i riti compulsivi, una volta ricevuta la telefonata, sono: pulire la casa, cambiare le lenzuola, preparare i bicchieri, fare la doccia, prepararsi il più perfetta possibile e non fare nulla, una volta pronta, nell’attesa della sua venuta. Lui è il suo mondo e il mondo è lui. Le vetrine dei negozi espongono abiti che indossa lui, gli uomini al volante di macchine di grande cilindrata sono lui, i film che lei guarda sono forse i film che guarda anche lui nello stesso momento, il presentatore alla tv ha i suoi stessi gesti e gli somiglia pure. Tra una telefonata e l’altra, quindi tra un incontro e l’altro e in una parvenza di lucidità, a volte lei pensa di chiudere e si immagina il modo, nei minimi dettagli, arrivando poi alla conclusione che è comunque meglio quella felicità effimera e istantanea piuttosto del nulla che avrebbe privandosene. Ma se all’improvviso tutto finisse veramente?
Annie Ernaux, classe 1940, è una delle più note scrittrici francesi e mondiali, vincitrice di molti e importanti premi nazionali e internazionali come il Marguerite Duras, il François Mauriac , il Prix de la langue française e lo Strega Europeo. Passione semplice è stato pubblicato in Francia da Gallimard nel 1991, precisazione necessaria per capire come mai i riferimenti storici presenti nel libro sono fermi all’inizio degli anni ‘90. Anche in questo lavoro, Ernaux non tradisce la sua tipica linea narrativa: a metà tra il romanzo e l’autobiografia, tanto che è difficile inquadrarla in uno specifico genere letterario, plot che unisce esperienze personali e storiche (di valenza sociologica universale) e uno sguardo oggettivo che riporta le vicende sospendendo il giudizio. La storia qui narrata sembra rispondere a un manuale, tanto è comune a molte donne (forse anche a molti uomini): una storia non impegnativa, una storia di puro coinvolgimento erotico che rinchiude la protagonista femminile in quella spirale di ciò che Barthes definirebbe “vassallaggio amoroso” (anche se di amore in realtà pare essercene poco). Ernaux è da sempre molto attratta dalla sociologia e si direbbe anche proprio dalle istanze di Roland Barthes. L’atteggiamento dell’assenza di A., che c’è a singhiozzo, sembra tratto dal suo Frammenti di un discorso amoroso: è sempre l’altro che parte (lei teme che lui a un certo punto sparisca, e in effetti poi ritornerà nel suo paese d’origine), chi è il più coinvolto è sempre colui (o colei, in questo caso) che resta, inerme e a disposizione e, in questa sua sedentarietà stabile definisce il suo essere, il suo sé, io sono presente nella misura in cui tu sei assente, si potrebbe dire. Questa dipendenza dal maschio che soddisfa, che in qualche modo ci rende suppellettili, che ci fa perdere dignità e amor proprio, chi non l’ha vissuta? Cercare di non allontanarsi mai troppo dal telefono, fare meno rumore possibile per evitare di perdere il suo trillo, sollevare il ricevitore per assicurarsi che il telefono funzioni sono tutte scene dello stereotipo ossessivo della passione erotica che, alla fine, la scrittrice, tradendo un po’ la sua proverbiale oggettività di fondo, definisce un lusso che ci si può anche concedere. Sì, ma stiamo attente alla dipendenza psicologica. Sappiamo quali danni può provocare.