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Paura del pianeta animale

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Nel 1862 viene catturato un cucciolo d’elefante nell’Africa orientale, portato al mercato del Cairo e acquistato dal collezionista Johann Schmidt che lo rivende allo zoo di Parigi. Nel 1865 il cucciolo e la sua compagna di prigionia vengono scambiati con un ippopotamo e diventano proprietà dello zoo di Londra. Jumbo (termine che diventerà ben noto nel lessico inglese e non solo), così viene chiamato il cucciolo, cresce nei diciassette anni successivi fino a raggiungere il peso di sei tonnellate e mezzo. Gli spettacoli e l’interazione con la folla riempiono le sue giornate, fino a quando manifesta un comportamento aggressivo, che mette in pericolo lo staff. Per gestirlo l’addestratore Walter Scott lo fa ubriacare ogni giorno, finché il direttore dello zoo lo rivende al circo Barnum in America. Per Jumbo le torture e le privazioni proseguono fino al 1882, quando muore travolto da un treno in corsa. Un fatale incidente. O forse no? L’elefantessa Mary è originaria dell’Asia, nel 1899 si esibisce nello spettacolo Sparks World Famous Show che allieta le piccole città statunitensi, quelle fuori mano ignorate dai grandi circhi. Il 12 settembre si trova a Kingsport, per affrontare un’altra giornata faticosa fatta di esibizioni e folla (la muscolatura dei pachidermi non è adatta ai numeri da circo a cui sono costretti e il metodo d’addestramento più efficace consiste nel pugnalare con un gancio, l’ankus, la parte che l’elefante andrà a nascondere sdraiandosi). Durante una pausa Mary reagisce alle botte e calpesta a morte il suo addestratore. L’esistenza di Mary cessa a Erwin, quando viene giustiziata per impiccagione di fronte a una folla eccitata e festante. Nel 1992 l’elefantessa Janet raggiunge il limite di sopportazione dopo anni di lavoro e abusi in Florida, si ribella, fugge e uccide alcuni addetti del circo che l’avevano tormentata. Sue, Kenya, Minnie, Mickey, Debbie, Frieda, Tyke e innumerevoli altri elefanti e animali sono finiti sui giornali per le loro fughe disperate e altrettanto disperati destini…

Il saggio scritto da Jason Hribal (dottorato in Storia e carriera nell’insegnamento) documenta oltre 150 anni di abusi e torture, prevalentemente in territorio statunitense, ma non solo, su elefanti, scimmie e animali marini. L’indice è puntato contro zoo, circhi e parchi acquatici, e più in generale contro l’industria dell’intrattenimento basata sullo sfruttamento animale, esotico in primis. Nel prologo Hribal dichiara: “La maggior parte delle informazioni proviene direttamente dalla stampa, sia nazionale che internazionale. Documenti ufficiali federali, statali e locali hanno permesso di integrare alcuni dettagli importanti”. L’autore conduce il lettore in un viaggio degli orrori, elencando le tecniche coercitive per l’addestramento, la privazione del cibo, la somministrazione di alcol e droghe, le percosse, l’isolamento. Con l’avvento della coscienza animalista negli anni Settanta alcune cose sono cambiate, almeno in apparenza, ma gli animali seguitano a essere torturati, a fuggire e a uccidere gli addestratori. Per gli elefanti unica oasi di pace è Hohenwald Elephant, un santuario fondato nel 1995 in Tennessee, in seguito alle pressioni dell’opinione pubblica per l’uccisione dell’elefante Tyke. Negli Stati Uniti a monitorare la condizione degli animali da intrattenimento è l’AZA (Association of Zoos and Aquariums), che detta gli standard e si occupa della comunicazione volta a controllare l’opinione pubblica (non immune da polemiche). Sfortunatamente gli elefanti finiscono anche in fattorie private, celebre il Two Tails ranch di Patricia Zerbini, altra figura controversa in merito alla detenzione degli animali, alla loro “rieducazione” e esposizione al pubblico. E in Italia come siamo messi? La situazione non è tanto diversa e gli elefanti in fuga li troviamo anche da noi, negli ultimi anni a Brindisi e Messina ad esempio. Tristemente noti negli USA i parchi marini Marineland e i gruppi Sea World, dove la disperata reazione di orche e delfini alla prigionia e all’addestramento sono documentati. In cattività gli animali subiscono un forte stress, invecchiano precocemente e le autopsie rilevano un deterioramento degli organi molto rapido, la ribellione agli abusi è inevitabile, altrettanto i tentativi di evasione. La consapevolezza in merito a queste situazioni però si scontra con il denaro, il business dell’intrattenimento e la superficialità di chi continua a godere di questi spettacoli. Chissà che il saggio di Hribal non scuota qualche coscienza. Il volume è arricchito da un’interessante introduzione a opera di Jeffery T. Clair e da una postfazione di Francesco De Giorgio.