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Penombra d'Oltre

Penombra d'Oltre
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Premette il poeta “Attraversato è il varco… della penombra d’oltre, perché la vita non è che un ineccepibile incanto di inspiegabili chiaroscuri. E questi chiaroscuri sempre ci accompagnano, fanno parte di noi, sono la nostra penombra d’oltre, attraversata terra di frontiera”. Infatti, come mormorando fra sé e sé, Infiniti fendendo, una delle liriche più rappresentative di Penombra d’Oltre, dice “Ero chiamata/ da me/ ad essere/ altro” . In quasi tutte le poesie di questa raccolta si espande il richiamo verso una sorta di terreno franco, sospeso tra due confini, dove tutto può essere, dove vivono non soltanto i colori accesi della tragedia ma anche e soprattutto  le sfumature, le nostalgie di passati vissuti e non vissuti, le malinconie e i mistici languori.  Ma anche una realtà piena di rimandi, nella quale fanno chiaramente eco personaggi mitici ed epici, leggende e storie antiche, quasi a richiamare un tempo primigenio, assoluto, uno spazio rarefatto che appartiene all’universo delle contraddizione e degli opposti, della tragedia classica, ma anche alla semplicità e alla purezza: “Ove gli dei/ ritmicamente/ danzano lenti/ come/ immateriali/ simulacri/al suono/di Tersicore/ alata/ dal passo/ leggiadro…” e anche “Soave/ è il tuo/ scivolar/ muto/ al suono/ di Erato/ dal suo fuoco/ pervaso/ al suo chiarore/ destato/ ascolti/ perpetuamente/ il suo canto”...
Cinthia De Luca, laureata  in Medicina e Chirurgia, ha già collezionato diversi riconoscimenti in ambito letterario, anche significativi, dal Premio Internazionale di critica "Gianni Rodari” al Concorso “Pensieri in versi 2007” a molti altri ancora; collabora inoltre in qualità di recensore per alcune riviste nazionali e internazionali. Come osserva la nota introduttiva al libro, l’autrice racconta il proprio sentire, la propria personale condizione umana in maniera essenziale e, in generale, scevra di similitudini. Un’intimità costante, un raccontarsi che però non si ripiega su se stesso. Colpisce la scelta minuziosa delle parole, non esasperatamente raffinate, ma appunto, soppesate,  calibrate, misurate a fare di ogni lirica un insieme equilibrato di ispirazione e colta ricerca. Alcune appaiono particolarmente sentite, quasi  tutte hanno versi brevi e incalzanti, da leggere tutte d’un fiato e poi rileggere.  Si percepisce  un’atmosfera pensosa, di  “mistica sensualità”, ma anche la sensazione di un’attesa, quasi di un’occhiata non ricambiata. “Mistica fame che non ha mai fine”, “ Peccai/ di disperazione/ nelle/ languide lande/ del mio essere”, alcuni versi mi hanno ricordato la bellissima canzone “E ti vengo a cercare” di Franco Battiato.