
“Che cosa volevi fare da grande?”. Un figlio ti pone domande, e spesso le risposte non arrivano immediate come dovrebbero. E allora cerchi di andare indietro con la memoria, alla ricerca di ballerine e astronauti, ma non le trovi. Trovi invece una piscina e allora la risposta arriva... Come può arrivare nella vita di una scrittrice un uomo “bello, educato, che parla diverse lingue, un artista” e con lui la conquista della tenerezza e dell’intimità, della vulnerabilità e della consapevolezza di voler formare una famiglia, di cui farà parte lui, lei e i libri che lei scriverà… Se invece è un figlio a non arrivare, la sofferenza può diventare l’occasione di capire finalmente come si attraversa la tempesta e in una lettera alla propria, di madre, si riuscirà a dire grazie per quella volta in cui “dicesti che la vita, alle volte, può travolgerci come il mare in tempesta ma l’unica speranza che abbiamo di sopravvivere è quella di aprire i pugni e farci trasportare dalla corrente, senza lottare, senza opporre resistenza …”... Può anche capitare che la corrente della vita porti un uomo e una donna a incontrarsi al “secondo giro”. Al secondo giro ci si arriva quando ci si è già mescolati con qualcun altro, quando la domanda se diventare genitori te la sei già fatta, e ti sei già data una risposta (e la risposta magari ha 4 anni), e questa seconda volta “nessuno dei due vorrà davvero. Nessuno dei due non vorrà davvero”…
Le scrittrici sono 17 e il Pensiero madre è uno. “Questo desiderio come si annida? Cresce? Lievita? Si ricuce nello stomaco o nella mente? Non può essere inesistente. Questa è una domanda che ogni donna attraversa… È come se l’incedere del tempo ti gettasse in un angolo di specchi sempre più stretto dove non puoi che guardarti”. È dalle domande che Federica De Paolis, la curatrice della raccolta, si pone ogni volta che il suo sguardo si posa sulle donne che incontra che le pagine dell’antologia prendono vita. E il risultato è così inaspettatamente vario. Ovvio, c’è anche qualche pagina scontata, forse quelle autobiografiche sono più a rischio di “già detto”, ma sono necessarie, sono il giusto contrappeso alle pagine anche surreali che ci troveremo a leggere. Quello che si prende il suo spazio dentro al libro è la complessità di un pensiero che sì, attraversa la mente e il corpo di ogni donna, ma che ha a che fare con le sue scelte (consapevoli e inconsapevoli) molto meno di quanto possa sembrare. Brave quindi queste molteplici voci, questi stili così diversi che restituiscono una parte dell’universo femminile che non si lascerà mai definire. La bellezza del libro si annida lì. In alcune perle levigate e solitarie, nei pugni che si aprono e smettono di lottare di Camilla Costanzo, nella vertigine di un tuffo di Gaia Manzini (che ritroviamo nella splendida copertina), nelle interviste solitarie di Gilda Policastro (gigantesca). Ecco la bellezza arriva ironica, coraggiosa, libera, donna.