
Non è un libro per imparare ad usare i social, e neanche per navigare meglio su internet. È semplicemente (anche se di semplice non c’è niente, qui) per “rivoluzionare la comunicazione”, e non soltanto in rete ma nella vita quotidiana, “offline” per così dire, nella vita reale. Perché in fondo la vita sul web è il riflesso -distorto o fedele, a seconda dell’utilizzo che ognuno ne fa- di quella che abbiamo fuori dalle nostre case. Saper comunicare bene i propri pensieri, riuscire a farsi capire, soprattutto restituire agli altri ciò che realmente vogliamo trasmettere e non quello che potremmo erroneamente comunicare: sembrano obiettivi facili da raggiungere, ma l’avvento dei social e la sottovalutazione della comunicazione fatta dagli strumenti della stessa, dai media, ha sparigliato le carte. Queste pagine sono allora piene di storie di vita vissuta, davanti e dietro lo schermo, storie che possono far capire come stare bene con gli altri e come si può, ognuno per conto suo, contribuire a far star bene gli altri. È un percorso che si può seguire solo facendosi le domande appropriate e dandosi le risposte giuste: che non sono regole rigide da osservare, pena una sanzione, ma modelli comportamentali che non fanno altro che migliorare il nostro benessere e quello degli altri…
Si tende spesso a sottovalutare il senso delle parole che usiamo. L’avvento dei social, poi, non ha fatto altro che acuire la sensazione di disagio: l’utilizzo spregiudicato che chiunque può fare della lingua italiana, piegato per l’espressione di un “post” dal consumo veloce e immediato, della durata di un movimento di pollice, ha inesorabilmente portato alla sottovalutazione dei termini stessi. Penso, Parlo, Posto, con un linguaggio felice e immediato, con la sua esposizione chiara e puntuale, senza nessun tipo di ambizione o presunzione, riporta alla sua fondamentale e fondante importanza la lingua, la sintassi, e specialmente il senso delle parole che usiamo in qualunque frangente, che sia sui social, o nella comunicazione verbale o non verbale di qualunque forma essa sia. Andando a toccare, in maniera leggera e mai verbosa o didascalica, argomenti di urgente attualità come le fake news, il furto d’immagine, le identità false: situazioni teoricamente alienanti e incredibili, ma che osserviamo nella vita di tutti i giorni non vedendole o senza renderci conto del loro peso, di quello che potrebbero significare per chi si affaccia alla vita sociale per la prima volta. È per questo che, nonostante l’ampiezza divulgativa dovuta all’estrema passione e professionalità degli autori Cubeddu e Taddia, il pubblico ideale è quello dei ragazzi delle scuole secondarie, o quantomeno per tutti coloro che scoprono le relazioni interpersonali e nella giungla della comunicazione di oggi rischiano di perdere il sentiero, e perdere loro stessi.