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Piazza Fontana – Il processo impossibile

Piazza Fontana – Il processo impossibile

Catanzaro, 23 febbraio 1979. Nella palestra del carcere minorile sta per andare in scena la sentenza del processo per la strage di piazza Fontana. Il clima è teso, non è un periodo semplice, siamo nel pieno degli anni di piombo. Il clamore mediatico di quella giornata è inevitabile, la Rai sta organizzando i palinsesti, anche gli inviati dei principali quotidiani sono lì presenti e tutti quanti ovviamente in fibrillazione. Anche quel giorno è un venerdì, come quel maledetto 12 dicembre del 1969 quando un ordigno esplose alla banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano, in piazza Fontana appunto: un bilancio drammatico di 17 morti e 84 feriti. Ed era sempre il 23 febbraio (del 1972 però), quando a Roma si è aperto il primo processo. I protagonisti arrivano alla spicciolata. Le suole delle scarpe scricchiolano, sul linoleum di quella stanzona destinata a ospitare quello che a detta di tutti è il “processo del secolo”. Sono passate da poco le 21 quando scatta il momento atteso da tutti, la lettura del dispositivo. Ergastolo per Freda, Ventura e Giannettini, due terroristi neri e un loro collaboratore. In realtà la parola fine è molto lontana, siamo solo all’inizio di una lunga vicenda giudiziaria. In appello infatti la sentenza è destinata a sfumare, verrà meno l’accusa di strage per insufficienza di prove. Le indagini negli anni si susseguiranno, fascicoli verranno chiusi e riaperti. Fino al 3 maggio 2005 quando la Corte di Cassazione assolve gli ultimi indagati – Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi e Giancarlo Rognoni, militanti di Ordine Nuovo condannati in primo grado all’ergastolo – ma dichiara responsabili, alla luce delle nuove prove emerse, Freda e Ventura, già ormai però assolti in via definitiva “quindi – ne bis in idem – non più processabili”...

Benedetta Tobagi, giornalista, scrittrice e conduttrice radiofonica, si dedica da anni a studiare e approfondire le origini e le modalità dello stragismo e del terrorismo italiano, come si evince dalle sue opere. Se in Come mi batte forte il tuo cuore. Storia di mio padre, edito da Einaudi nel 2009, aveva raccontato la sua esperienza personale e familiare, l’omicidio di suo padre, il giornalista Walter Tobagi, da parte delle Brigate Rosse nel 1980 e in Una stella incoronata di buio. Storia di una strage impunita si era concentrata invece su piazza della Loggia a Brescia, stavolta ha deciso di affrontare con passione e dedizione la tortuosa vicenda processuale della strage di piazza Fontana. Si addentra nei gangli delle inchieste, mette sotto la lente d’ingrandimento ambiguità dei meccanismi giudiziari ma nel contempo fa emergere gli sforzi di tanti personaggi che sono rimasti dietro le quinte facendo il proprio dovere e cercando di portare a galla la verità. Ripercorre le varie fasi processuali, la pista anarchica e, poi, quella del terrorismo nero. Fa riferimenti precisi, scandaglia documenti e mette insieme i tasselli, per quanto possibile in una vicenda così complicata, è meticolosa, talvolta finanche ostica, ma è inevitabile, forse, data la mole di dati, carte e soggetti coinvolti che è necessario tenere in conto. Talvolta però esce dalla ricostruzione giudiziaria vera e propria e si lascia andare a narrazioni più colorite, si sofferma su figure particolari, dettagli, luoghi, con descrizioni vivide e avvincenti che solo una scrittura limpida e appassionata sa realizzare. Succede per esempio nella parte dedicata a Catanzaro, diventata teatro di quella fase processuale, con il cameratismo tra le varie persone coinvolte, costrette a soggiornare in una cittadina forse non abituata a quel tipo di ribalta. Il suo coinvolgimento, la sua passione, si percepiscono pagina dopo pagina e questo lavoro è davvero una lettura importante e necessaria per conoscere e capire, o provare a capire quanto è accaduto nel nostro Paese.