
Sull'Adriatico c'è una delle tre penisole triangolari del Mediterraneo: l'Istria, una terra in cui può capitare con la stessa facilità di imbattersi in dialetti veneti e slavi, una terra divisa tra Italia, Slovenia e Croazia, e che, a partire da Trieste, ha cambiato bandiere non meno di sei volte nell'arco di un secolo.
Un mattino di settembre Paolo (Rumiz) prende il sacco ed esce senza voltarsi indietro. Non per caso: “due giorni prima della partenza […] sono finito in pieno con la fronte contro una porta a vetri che m'era parsa aperta”. Chi ama viaggiare sa interpretare i segnali, e anche se “partire è difficile” e “troverete un'infinità di amici e parenti pronti a darvi degli alibi per non andare, a scoraggiarvi”, il viaggio che è stato un sogno comincia: da Trieste a Promontore, sempre a piedi, sempre verso sud. Sette giorni, attraverso Gracischie, Montona, Antignana, Canfanaro, Valle, Fasana. Indispensabile, con le scarpe rodate, la frutta secca e le borracce, il taccuino, e le penne da “poter estrarre con rapidità, come le pistole di un cowboy” - “non esiste viaggio senza scrittura”. Arrivare in Slovenia è veloce, con il bus, ma presto ci si trova soli, nella campagna ormai deserta. Il mare si vede, da qui, ma solo a patto di raggiungere i bastioni come quello di Podpeč. Il viaggio prosegue, tra succo (sok) di mela (jabuka), mineralna voda e birra, ovviamente: camminando si beve, più che mangiare. Il Timavo e le grotte di San Canziano, la frontiera croata (rigorosamente di contrabbando), domande fatte a chiunque e da chiunque, la frittura a cinquanta centesimi per caso, i nomi bizantini, le stelle, le foibe. Alla fine, il mare.
Rumiz è un camminatore (e un viaggiatore, e un raccontatore) esperto e appassionato. La sua metamorfosi da uomo della strada (affollata e tecnologica) a pellegrino a velocità ridotta è sempre di segno positivo. Immaginiamo che cimentarsi nell'impresa, per piedi e polmoni meno abituati, potrebbe essere ben più impegnativo di così. Ci avverte lui stesso: “nessun viaggio è perfetto, e, nemmeno il mio lo è stato”. Eppure il libro si propone come una guida (è sprecato, questo libro, a leggerlo comodamente rannicchiati nel letto), con indicazioni pratiche ovunque, tappa per tappa, ed esplicitamente destinato ai ragazzi. Un inno al passo lento che accorcia le distanze e che non lascia con un “ma come, tutto qui?”. Il rischio è quello di fare un po' di moralismo (soprattutto contro la tecnologia), ma la passione di Rumiz è autentica, e affascinante. I disegni di Alessandro Baronciani, già accanto ai testi di un altro appassionato di natura e ritmi antichi, Mauro Corona, sono realistici al punto giusto: suggeriscono e trasfigurano, mostrando il viaggio in equilibrio con le parole. Per chi non ha la possibilità di ripercorrere questo viaggio A piedi, rimane un'atmosfera calma, un passo umano, l'intuizione di come sia possibile fare silenzio e aprire gli occhi all'incontro.