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Pioggia sottile

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Ormai sa con certezza che le storie — che siano le conversazioni di ogni giorno, gli inciampi e gli equivoci verbali o il parlare tanto per parlare — non sono innocenti. C’è qualcosa in loro che, di per sé, comporta un rischio, una minaccia. Può succedere persino che gli echi di certe cose dette, anche le più banali, rimangano per molti anni come in letargo, in un angolo della memoria, in attesa dell’opportunità di tornare per puntualizzare e correggere ciò che a suo tempo non era del tutto chiaro. Sono queste le nere congetture che attraversano e agitano la mente di Aurora, facendo calare una bruma di stanchezza sul suo volto. Ha passato quasi tutta la vita ad ascoltare racconti e confidenze: c’è qualcosa in Aurora — forse la sua aria placida e un po’ malinconica o il suo modo di sorridere e di guardare — che mette subito a proprio agio le persone, che si confidano, raccontandole frammenti di vita e segreti mai rivelati a nessuno. È così che ha conosciuto Gabriel, vent’anni prima: dopo uno sguardo fugace in una via affollatissima, le aveva chiesto se per caso non si conoscessero — lei era sicura di no —, si erano poi rifugiati in un caffè e Gabriel le aveva parlato a lungo di sé, delle sue passioni, delle sue manie, dei suoi progetti per il futuro e un bel pezzo della sua vita. Lei aveva ascoltato senza dare il minimo segno di insofferenza, così si erano visti qualche altra volta, e, a poco a poco, lui le aveva proposto di “guidarla lungo la strada della felicità". Ora sta cominciando a fare buio, i bambini sono andati via da tempo e lei è ancora a scuola, non sa bene perché. Ultimamente sembra che tutti si siano messi d’accordo per raccontare a lei i propri dolori. Le telefonano o le mandano messaggi tutti i giorni, a qualsiasi ora. Senza contare Gabriel, che non la smette di parlare della festa che vuole organizzare per gli ottant’anni di sua madre. Ricorda con esattezza il momento in cui tutto è cominciato: sei giorni prima, venerdì, quando il marito si è detto convinto che il compleanno della madre fosse un’opportunità unica per riunire famiglia, per riparare tutti i vecchi debiti e le offese che li avevano allontanati gli uni dagli altri e quasi resi nemici ancor prima che lasciassero la casa materna. Aurora, che è l’unica a conoscere i segreti di ognuno di loro, sa che il rancore non aspetta che l’occasione di tornare al presente, rinnovato e accresciuto, come quelle storie nel cui inizio, innocente o comico in apparenza, c’è già il seme di un finale disgraziato.

È vero, spesso diciamo cose o facciamo progetti senza pensare minimamente alle conseguenze che avranno sulle nostre vite e sulle persone coinvolte. Forse è difficile — se non impossibile — averne il controllo, proprio come accade a Gabriel quando decide di chiamare le sorelle Sonia e Aurora, che sente raramente, per organizzare la festa per gli ottant’anni della madre: immagina un evento lieto, capace di riunire la famiglia a lungo divisa da recriminazioni e incomprensioni. Non può prevedere che la prima telefonata ne scatenerà altre, dapprima apparentemente innocenti, poi sempre più amare e spietate. Luis Landero — classe 1948, autore prolifico, vincitore di numerosi premi e considerato uno dei maggiori scrittori spagnoli contemporanei — ha sviluppato una trama basata su queste conversazioni telefoniche, riportate però in modo indiretto. Tutto ruota infatti intorno ad Aurora, personaggio cardine, che raccoglie le confidenze e i ricordi di ciascuno, spesso nella convinzione che lei possa trasmettere il messaggio anche agli altri membri della famiglia. Di ogni episodio rievocato conosciamo così più di una versione: quella terribile e drammatica delle sorelle Sonia e Andrea, in contrasto con quella più addolcita di Gabriel e con quella più accomodante della madre. I vari racconti, più che comporre un mosaico o un’immagine unitaria, si vanno via via proponendo come alternativi, distanti e inconciliabili. Riviviamo un passato che ognuno ha percepito in modo diverso e che ricorda a modo suo: sarà il lettore a decidere quale versione è vera, o se forse lo sono tutte e nessuna allo stesso tempo. Aurora comprenderà molti aspetti della famiglia disfunzionale del marito e avrà una nuova prospettiva anche sulla loro lunga relazione. Gabriel si rivelerà un mitomane, megalomane e narcisista dai tratti inquietanti; la madre, rimasta vedova precocemente, una donna amareggiata, fatalista, negativa e incapace di mostrare affetto, accusata dalle figlie — Sonia, diligente e docile, Andrea, sognatrice e sempre più ribelle — di aver infranto i loro sogni e di aver avuto verso il fratello minore, il privilegiato, un atteggiamento più aperto e comprensivo. I racconti dell’una e dell’altra si caricano di tinte sempre più cupe, fino a sfiorare la dimensione tragica. Aurora, di fronte alla divergenza dei racconti, si rende conto che non può più distinguere tra il vero e il falso, tra l’immaginario e il vissuto. Scritto in modo magistrale, caratterizzato da un’equilibrata gestione degli elementi emotivi, il romanzo di Landero scava in profondità nelle dinamiche familiari, là dove sono penetrate, in modo subdolo e persistente come una pioggia sottile, invidia, frustrazione, risentimento, delusione e amarezza. Ci racconta, con questa storia senza speranza, il potere delle parole, quelle che lasciano ferite nel cuore e che sono sempre pronte a tornare. Ciò che è successo nel passato è ancora più che mai vivo nel presente, eppure, sembra che per ciascuno dei membri della famiglia sia ancora possibile trovare una forma di compensazione, un modo per affermare che la vita comunque va avanti. Solo per Aurora queste parole risultano fatali e finiscono col tradursi nella rivelazione del suo stesso vuoto.