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Planimetria di una famiglia felice

Planimetria di una famiglia felice

Lia ha sei anni e osserva la sua famiglia così particolare. Il babbo che disegna il mondo cercando di sfidare la forza di gravità, la mamma che, bellissima sui suoi tacchi alti, rischia di farsi travolgere dalle sue pile di libri, Maria, la bambinaia, con il suo strano accento calabrese, tredici figli e un marito avanzo di galera. Poi ci sono Marco e Gioele, i suoi due fratelli, il primo in piena pubertà, follemente innamorato di Maria, il secondo con una preoccupante passione per la chimica, forse più preoccupante della sua balbuzie. Infine c’è lei, la Nana, che osserva tutta quella piacevole confusione dall’alto dei suoi sei anni. La sua è una famiglia numerosa, particolare. Si sono appena trasferiti nella villa sulla collina sopra Genova dove sicuramente diventeranno una famiglia normale. O almeno ci proveranno, circondati da ogni tipo di animale e senza rinunciare a quella voglia di dormire tutti sul pavimento, in salotto, per guardare la luna piena. E se fosse quella la vera normalità? E se fosse quella la planimetria di una famiglia felice?

È molto raro ridere, ridere sul serio, durante la lettura di un libro. È quello che succede leggendo Planimetria di una famiglia felice, il romanzo d’esordio, tra invenzione e autobiografia, di Lia Piano, figlia del noto Renzo Piano. È proprio Lia, di appena sei anni, la voce del racconto che, partendo dai ricordi di bambina ci accompagna nella descrizione della vita e delle giornate, tutt’altro che convenzionali, di una famiglia molto particolare. La Piano parte dal ricordo della casa di famiglia, unico personaggio realmente esistito, nel tentativo di raccontare, romanzando e inventando, la storia della sua famiglia. Famiglia di cui fanno parte anche una moltitudine di animali particolari, dai tratti quasi umani. Dai cani che a volte portano il rossetto, come Pippo, alle galline suscettibili. Un romanzo leggero, divertente, delicato. La lettura scorre senza intoppi e tra una risata e l’altra diventiamo spettatori della quotidianità, molto sui generis, di una famiglia che prova a essere normale, nonostante effettivamente non lo sia. Ma è proprio in questa “non” normalità, almeno nel senso convenzionale del termine, che risiede la felicità. Lia ne disegna la forma, la planimetria, proprio come il papà, che sa sempre di tabacco, disegna i suoi modelli. In barba alla legge di gravità.