
Il mondo della politica e della comunicazione nell’era dei social network sta subendo uno sconvolgimento epocale, ed è evidente a tutti. Si può addirittura riconoscere una fase del tutto nuova per la propaganda: se prima si faceva campagna elettorale instaurando un rapporto diretto con gli elettori nel collegio di competenza, si è poi passati alle televisioni che ancora oggi costituiscono il maggior vettore di informazioni per la stragrande maggioranza delle persone. Nella fase che stiamo vivendo oggi, invece, sono internet e soprattutto i social a fare da cassa di risonanza e a ridurre le distanze. Le ragioni di questo successo a cui stiamo assistendo risiedono nella crisi dei cosiddetti “corpi intermedi” (in primis i partiti, ma anche i giornali e i media tradizionali), così che oggi si assiste alla totale “disintermediazione”, la mancanza di un tramite fra i cittadini e i rappresentanti politici. Secondo talaltri, invece, sarebbe più opportuno parlare di “neointermediazione”, perché i media digitali e i nuovi attori presenti sulla scena svolgono funzioni analoghe a quelli tradizionali. Ma come può agire questo enorme “potere digitale” sulla democrazia come l’abbiamo sempre intesa? Gli orientamenti in materia sono due, e ben distanti: c’è chi ottimisticamente ritiene che si possano ridefinire i rapporti di relazione fra cittadini e potere, con beneficio delle istituzioni e delle forme della democrazia, e chi invece non è della stessa idea, poiché prevede che a lungo termine si andrà verso una normalizzazione tale che i media digitali nel complesso non avranno nessun impatto rivoluzionario…
Gabriele Giacomini, addottoratosi in Filosofia e scienze della mente all’Università San Raffaele di Milano, è attualmente assegnista di ricerca in Sociologia della comunicazione e della cultura presso l’Università di Udine, oltre a collaborare con la Fondazione Giannino Bassetti di Milano (che tra l’altro ha finanziato la realizzazione di quest’opera). Si occupa, per farla breve, di indagare i rapporti fra politica, democrazia e nuovi media, e il saggio Potere digitale è eccellente prova di questo rigoroso ricercare. Come dice Michele Sorice nella corposa prefazione, facendo proprie le parole del politologo Ilvo Diamanti, viviamo in una forma di democrazia ibridata, cioè che non è pienamente rappresentativa né pienamente diretta, ma anche l’automatismo “rappresentanza = democrazia” non è altro che una narrazione costruita nei secoli e che non sempre corrisponde a verità, anzi: nelle democrazie liberali il metodo elettivo non era altro che una forma di controllo del potere da parte delle oligarchie economiche. Il generale ricorso dei leader politici ai media digitali è un fenomeno rilevante, anche se di sviluppo troppo recente per avere una letteratura scientifica in merito. Sono ormai note le dirette Facebook dei leader (sintomo della perdita di senso dei partiti tradizionali novecenteschi, e della loro “leaderizzazione”) o l’uso estremo che fanno di Twitter (Donald Trump è sicuramente il re di questa comunicazione diretta coi cittadini/elettori). Spesso dunque sono i loro profili social il vero mezzo, mentre le agenzie di stampa arrivano in un secondo momento a estendere le notizie e le dichiarazioni, a renderle di pubblico dominio attraverso canali più ortodossi e tradizionali. Il lavoro di Giacomini è completo ed esaustivo, e ha il merito di inquadrare la rivoluzione digitale in ambito politico nel più complesso fenomeno di depoliticizzazione in atto: i dogmi dell’austerity e dello stato leggero, la perdita di centralità del concetto di government a vantaggio della governance, la delega della politica a imposizioni e dettami esterni fino alla “degenerazione” in tecnocrazia. La prima parte del volume è dedicata a vere e proprie interviste agli esperti – undici fra sociologi, politologi e filosofi, fra cui i già citati Diamanti e Sorice, ma anche Nadia Urbinati – nelle quali si cerca di rispondere a domande-chiave nel rispetto della pluralità di orientamenti sulla crisi dell’intermediazione tradizionale. Le parti successive saranno dedicate a macro-temi centrali nel dibattito: si parlerà di “neointermediazione”, del rapporto fra “pluralismo dialogico” e “pluralismo polarizzato” e infine ci si chiederà se la democrazia rappresentativa possa essere superata. Il saggio, inutile nascondersi, è molto tecnico e per leggerlo e apprezzarlo appieno forse serve un bagaglio di conoscenze pregresse non indifferente, ma alcuni passaggi risultano ugualmente illuminanti.