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Povera patria

Povera patria

11 giugno 1915, Marostica. Guido Slinger è un ufficiale spezzino a cui è appena stato riferito che un cavalleggero, tale Gerardo Remia, va esprimendo opinioni contro la patria e la guerra. Per l’ufficiale Slinger questo comportamento è inammissibile per un militare e decide quindi di convocare la truppa e chiamare fuori dalle righe il soldato Remia per rimproverarlo davanti a tutti i suoi commilitoni. Dopo essere stato redarguito, il soldato Remia - anziché tacere - risponde al suo ufficiale e replica orgogliosamente che ognuno ha le proprie idee. L’ufficiale Slinger allora, in preda alla rabbia, perde il controllo e colpisce Remia alla testa. Il 7 luglio 1915 l’ufficiale viene arrestato con l’accusa di abuso di potere per l’aggressione ai danni del soldato Remia. A scagionare Slinger dal reato commesso, ci pensano i giudici del tribunale militare speciale dell’VIII corpo d’armata, presieduto dal generale Alberto Bernardoni, che sentenzia così: “L’ufficiale ha agito in uno stato di totale incapacità di intendere e di volere in quanto spinto da una forza morale cui non poté resistere, perché grandemente impressionato per le parole antipatriottiche pronunciate dal militare”. Per Guido Slinger l’inciampo non causò infine nessuno ostacolo alla sua carriera, tant’è che nel 1936 diventerà tenente colonello addetto alla Presidenza del Consiglio dei Ministri...

Paolo Gubinelli, procuratore della repubblica contro la criminalità organizzata, che è nato a Macerata ma vive e lavora ad Ancona, fa luce sulle innumerevoli sentenze “morbide” nei procedimenti giudiziari ai danni di ufficiali che hanno commesso violenze sui propri soldati durante la Prima guerra mondiale. Nel testo l’autore espone varie vicende di violenze, soprusi ma emerge in modo quasi costante dalle sentenze un atteggiamento debole e di parte dei tribunali militari, che provano ad alleggerire in tutti modi le posizioni degli ufficiali. Nelle conclusioni il magistrato si sofferma sulle cause di questo comportamento anomalo della giustizia militare e in particolar modo su un evento che potrebbe esserne la causa o comunque uno dei prodromi. Il grande arruolamento di ufficiali che avviene fra l’agosto del 1914 e il novembre del 1918. In questo periodo l’esercito italiano, che all’epoca contava 45.099 ufficiali, istituisce in quattro anni ben 160.191 nuovi ufficiali. Molti di questi sono impreparati, inesperti, giovani che arrivano dalla piccola e media borghesia, mentre i soldati provengono dalle classi popolari, a stramaggioranza contadini. Questo cambiamento inizialmente causa non pochi problemi di convivenza e rispetto reciproco all’interno dell’esercito italiano, ma allo stesso tempo condividere gli stessi pericoli e disagi, permette a entrambi una vera conoscenza dell’altro e un avvicinamento tra le classi sociali. “Come notarono Bracci, Testasecca, Omodeo, Lussu, si creò questa scoperta reciproca tra giovani di classi che nella vita economico-sociale erano contrapposte”. Un’opera importante che aiuta a comprendere meglio il faticoso cammino delle plebi rurali italiane verso i diritti di cittadinanza.