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Presto verrai qui

Presto verrai qui

La vedova Colleferro è devota alla Vergine Maria e spesso va a pregare davanti alla sua immagine, quella che lei stessa ha costruito impastando gesso, intonaco e varie misture di colla per fissarla in una specie di cappella votiva. E per fortuna che può rivolgersi alla Madonna, con tutte le disgrazie che le hanno segnato la vita! Suo figlio è disoccupato, deve accudire la madre affetta dal morbo di Parkinson e, se ciò non bastasse, la signora Passalacqua, sua vicina di casa, non perde occasione per farle dispetti. Questa volta, tuttavia, ha passato il segno e la vedova Colleferro non ha alcuna intenzione di lasciar perdere. Sì, perché quella maglia, lordata di una sostanza non meglio definita, sozza e maleodorante, ai piedi della cappella non può che avercela messa la Passalacqua. La vedova potrebbe andare dalla vicina e prenderla a male parole, ma stavolta ha deciso di agire diversamente. Quando è troppo è troppo, si è ripetuta come un mantra per tutta la notte e ora è pronta: anche se per un palermitano fare ciò che lei sta per fare è una specie di dolore che opprime il petto e l’anima in esso racchiusa, oggi lei andrà alla polizia, perché quell’affronto merita una vera e propria denuncia. E la questura cui la Colleferro è diretta è la stessa in cui da due mesi è tornata Carmela Pizzuto, detta Melina, palermitana di nascita, dopo dieci lunghi anni trascorsi a Roma. La fine della sua permanenza nella città eterna è coincisa con la denuncia che ha mosso, attraverso il commissariato presso cui prestava servizio- per abuso di potere, atti di violenza e intimidazione - a metà del suo ufficio, fidanzato- anzi, ex fidanzato - Nino, poliziotto come lei, incluso. Inutile sottolineare che nessuno, lì in questura a Palermo, è felice di avere Melina come collega e che da sessanta giorni, cioè da quando è stata rispedita, per “incompatibilità ambientale”, dal capoluogo alla città natale, non fa assolutamente nulla, se non scaldare la sedia e cercare di tenere a bada un indisciplinato pc, che ogni tanto si spegne da solo. La Colleferro è pronta e per la Pizzuto, finalmente, c’è qualcosa da fare: raccogliere una denuncia...

Rea di aver denunciato mezzo commissariato, quello in cui lavorava, a Roma per abuso di potere e minacce, l’ispettrice di polizia Carmela Pizzuto – Melina - viene rispedita, in attesa di chiusura delle indagini, in quella Sicilia da cui se ne era andata dieci anni prima. E tornare alla Mobile di Palermo è tutt’altro che una passeggiata di salute: avere denunciato i colleghi, fidanzato compreso, è un biglietto da visita davvero pesante e, inevitabilmente, l’ispettrice viene confinata in un angolo della questura, a sbrigare incarichi inesistenti e a subire gli sberleffi di colleghi dispettosi e piuttosto perfidi. Questa è l’ambientazione del nuovo romanzo di Giorgio Glaviano - palermitano, sceneggiatore per cinema e TV oltre che scrittore -, un giallo attraverso il quale l’autore regala al lettore un personaggio davvero interessante. La Pizzuto non è la super poliziotta - alta, formosa, temuta, brillante - di cui la moderna letteratura di genere è piena. No, la Pizzuto è piuttosto riservata, di intelligenza normale, di aspetto ordinario. Una come tante, insomma, che, confinata a scaldare la sedia e a tentare di far funzionare il pc in un ufficio polveroso, potrebbe rappresentare il ritratto dell’anonimato per eccellenza. Se non fosse per la sua capa tosta, la testardaggine che la caratterizza e quella punta d’orgoglio che fanno di lei un personaggio singolare capace, di fronte a una denuncia apparentemente banale, di fiutare la presenza di un vero caso da risolvere, per dimostrare una volta per tutto che la Pizzuto gli attributi li ha, eccome! Una protagonista davvero interessante, con la quale è facile identificarsi e accanto alla quale diventa naturale schierarsi, per incitarla a prendersi la rivincita nei confronti di una realtà sbagliata, che punisce l’onestà anziché premiarla e mette in un angolo chi ha il coraggio di denunciare le brutture, anziché nasconderle, come la polvere, sotto il tappeto dell’omertà. Glaviano ha saputo creare una situazione perfetta in cui far muovere personaggi ben delineati e tridimensionali, capaci di catturare l’interesse del lettore, che si cala nelle vicende dell’ispettrice Melina Pizzuto e con lei si interroga, si spazientisce, si illude, si delude e, alla fine, vince.