
Milano, 25 aprile 1969. La 47esima edizione della Fiera campionaria di Milano sta per concludersi. Sono le 19.03 e dagli altoparlanti il personale di servizio annuncia a tutti che gli stand sono in chiusura. Ad occupare le pagine dei giornali in quei giorni c’è un inquietante fatto di cronaca che ha sconvolto la costa toscana, la tragica fine del piccolo Ermanno Lavorini, dodicenne prima sparito da Viareggio e poi ritrovato cadavere a Marina di Vecchiano. Pochi giorni prima invece si sono svolti i “fatti di Battipaglia”, una vera e propria rivolta popolare scaturita dalla chiusura di due grossi centri industriali nella cittadina campana, con scontri importanti tra manifestanti e forze dell’Ordine. Quella sera alla fiera campionaria però accade qualcosa. Si ode un forte rumore, sembra un tuono, non lo è. Si tratta di un ordigno che per fortuna non provoca vittime, ma alcuni feriti, il più grave guaribile in una quindicina di giorni. Nello stesso momento esplodono altre bombe all’Ufficio cambi della Banca Nazionale delle Comunicazioni della Stazione centrale. La banca è chiusa da un’ora ma alcuni impiegati sono ancora in ufficio, quattro per l’esattezza, che riescono a mettersi in fuga e salvarsi. Qualche mese dopo però un’altra bomba farà sì vittime e gravi feriti, quella alla banca Nazionale dell’agricoltura in piazza Fontana…
“Nel giugno 2019 è uscito un libro che cambia completamente lo scenario in cui avvenne la preparazione della strage del 12 dicembre. È un raro esempio di ricerca originale e di acume investigativo, a cui questo mio libro deve molto”. Lo scrive Enrico Deaglio nella bibliografia corredata al suo La bomba. Sta parlando proprio di questo volume, ultimo lavoro di Paolo Morando, vice-caporedattore de “il Trentino” e già autore dei saggi Dancing Days. 1978-1979: i due anni che hanno cambiato l’Italia e ‘80. L’inizio della barbarie, che torna in libreria affrontando in un certo senso quello che può considerarsi l’antefatto della bomba del 12 dicembre 1969, che l’autore chiama “la prova generale”. La ricostruzione del giornalista si concentra infatti su altre bombe, quelle del 25 aprile di quello stesso anno, attentati terroristici che coinvolsero sempre la città di Milano, ne approfondisce le indagini e la vicenda processuale, fa emergere il ruolo di questi episodi nell’ambito poi di ciò che seguì a piazza Fontana. A cinquant’anni dalla strage Morando contribuisce a arricchire il dibattito in essere di ulteriori elementi, analizzando i fatti da un’altra angolazione e offrendo quindi rilevanti spunti di riflessione. Il prologo al saggio racconta con un aneddoto i motivi del suo interesse per questa vicenda. Maggio 1995, Morando lavora al giornale veronese “la Cronaca”. C’è la notizia di un arresto per la strage di piazza Fontana, una telefonata anonima in redazione fornisce il nome della persona. In pochi attimi Morando si trova di fronte alla storia, quella con la S maiuscola. Ne è consapevole ma di quella Storia non conosce ancora abbastanza e decide di rifarsi. È per questa ragione che da quel momento in poi comincia a documentarsi, a leggere ogni libro scritto sull’argomento, a guardare tutti i film, con un occhio attento a cogliere ogni tipo di sfumatura. Un “viaggio” personale lungo e accurato di cui questo libro è sicuramente il risultato. Le informazioni riportate infatti sono dettagliate, traspare una minuziosa ricerca tra i giornali dell’epoca, gli atti processuali e le testimonianze dei diversi protagonisti. Nella composita bibliografia su piazza Fontana questo libro rappresenta un tassello importante che fa luce su aspetti ancora poco noti, un lavoro accurato che procede serrato con il ritmo di un romanzo.