
“Non sei la donna che voglio” . Bastano sei parole a sconvolgere il mondo di Bride, a farla precipitare all’indietro, farla tornare Lula Ann Bridewell, la bambina che nessuno ha voluto, talmente imbarazzante per il nero pece della sua pelle che nemmeno i suoi genitori afroamericani dalla pelle appena brunita sono riusciti a volerle bene; che camminava nel mondo affamata di un tocco, una carezza, un cenno di approvazione, si muoveva insicura delle regole da rispettare: “Lasciare il cucchiaio nella scodella dei cereali o appoggiarlo accanto alla scodella; allacciarsi le scarpe con il fiocco o con un doppio nodo…?”. Sua madre Sweetness riusciva persino a punirla senza toccarle la pelle. Cosa ti procura una punizione e cosa? Bisogna denunciare l’insegnate della scuola vicina alla tua per maltrattamenti ma tacere le violenze del padrone di casa sui bambini? Cosa scatenerà la sua ira e cosa la indurrà a sfiorarti con orgoglio i capelli? Quando Lula Ann ha smesso di chiederselo, ha trasformato il suo corpo da oggetto di repulsione a oggetto del desiderio per tutti, ha fatto del nero il suo punto di forza, lo ha accentuato indossando solo bianco, ha trasformato se stessa nella manager di successo Bride (sposa) e conquistato l’amore dello sfuggente, ineffabile Booker. Un uomo che lasciandola la decostruisce, costringendola a intraprendere un viaggio durante il quale il suo stesso corpo sembra tradirla, un viaggio durante il quale cercando Booker troverà molto di più che se stessa…
Sono molte le voci narranti, oltre a quella di Bride, a cui Toni Morrison affida in queste poche pagine l’intenso e spesso inconcludente compito di raccontare Bride mentre raccontano se stesse: la madre Sweetness, l’amica Brooklyn, l’insegnante tradita Sofia, la piccola Rain, bambina che la salva durante il suo viaggio e si rivela una sorta di nemesi della Lula Ann che Bride ha sepolto anni addietro, ma non lascia mai la parola agli uomini delle loro vite, per quanto centrali essi siano. Veniamo a sapere molte cose della vita di Booker e del padre di Lula, ma solo attraverso le donne come la zia Queen e la ex moglie Sweetness. Come spesso accade nella letteratura della Morrison, sono le donne le tessitrici delle storie, le vestali che stanno a guardia della Verità, per quanti sacrifici questa comporti. È attraverso una scelta accurata delle parole, una cesellatura quasi ossessiva delle frasi che le rende potenti e affilate come lame che l’autrice riesce in cosi poche pagine a creare un miracoloso equilibrio narrativo di durezza e dolcezza, fatalismo e combattività la cui armonia è interrotta –nell’edizione italiana ‒ dalla traduzione del titolo God Help the child con un incongruo Prima i bambini. Forse Bride non avrà un posto sugli scaffali alti della storia della letteratura accanto a Sula ed altre memorabili donne create dall’autrice premio Nobel, ma con la sua scabrezza, con la sua anima di velluto racchiusa in un guscio di vetro temperato, grazie ai magistralmente scarni processi narrativi con i quali l’autrice ci mette di fronte al progressivo incrinarsi della teca che la racchiude, Lula Ann/Bride si colloca ad una più che dignitosa altezza di sguardo. L’altezza a cui si sofferma lo sguardo del lettore medio, quello le cui retine rimarranno per lungo tempo tatuate dalla forza di questa donna e che se pur non avrà il desiderio di rileggerlo ancora e ancora, riserverà sempre al libro un ricordo affettuoso.