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Primitivo

primitivo

“Comunque, quello che stavo per dire è che Hofer si era diretto verso di noi con lo sguardo fisso nel vuoto e ci era sembrato che stesse barcollando più del solito. Ragazzi, ascoltate un attimo, dice, devo dirvi una cosa triste, una cosa terribile. C’è stato un incidente, un brutto incidente. Primitivo si trovava nel cantiere di Madiswil ed è rimasto schiacciato da un cassero. Non ce l’ha fatta. È morto. Non è vero! ho gridato d’impulso, forse perché non volevo che fosse vero”. Svizzera, 1982. Charly ha trascorso l’intera giornata chiudendo tracce di impianti sanitari ed elettrici, un lavoro facile ma scomodo, noioso. Un lavoro da apprendista, del resto “era dai lavori semplici che si riconosceva il bravo muratore”. Giunta la sera un collega informa il ragazzo della morte di Primitivo, un manovale giramondo nato in Spagna oltre sessant’anni prima. Primitivo, poco più che quindicenne, aveva preso parte alla guerra civile spagnola schierandosi dalla parte degli anarchici, e, dopo l’ascesa del dittatore Franco, aveva lasciato la Spagna consacrandosi all’avventura, all’indeterminatezza del futuro più prossimo. I soggiorni in Canada, Uruguay, Messico e gli improbabili incontri con esuli nazisti, avevano reso il vecchio manovale un filosofo in stile Diogene, esplicito nei silenzi e sibillino nelle parole, in grado di profondere nelle più ovvie affermazioni le più abissali verità della vita umana. Divenuto quasi un moderno Socrate per l’apprendista, Primitivo con la propria morte conferisce a Charly la più importante delle responsabilità. Lo rende padrone ed amministratore di ciò che, dopo la morte, egli ha lasciato nel mondo: null’altro che un preziosissimo ricordo…

Primitivo di Pedro Lenz è un testo magnifico per molte ragioni. Innanzitutto per l’innovativa impostazione formale. Improbabili accostamenti di parole, affermazioni laconiche e stupefacenti al contempo, una punteggiatura limitata a sporadici punti e virgole sono in grado di condensare quella spinta, presente in ognuno di noi, a raccontare ciò che ci accade, oralmente ancor prima che attraverso la parola scritta. Nel romanzo punti e virgole - prima di essere segni di punteggiatura - rimandano alle pause, al tono, al ritmo proprio della lingua parlata. Scrive Reto Sorg nella postfazione: “La moltitudine dei termini strani, di laconiche osservazioni, di locuzioni giocose, d’ironiche capriole non ricorda una lingua scritta zelante e infiorettata, ma piuttosto il mescolio vivace e piacevole delle parole nell’atto del parlare …”. In secondo luogo è rilevante il rapporto tra il protagonista, Primitivo, e ciò che viene narrato. Primitivo muore in apertura, cosi che a Charly spetta l’onere di tracciare uno schizzo della vita dell’amico. Il ragazzo non ha che una minima e parziale conoscenza della vasta e complessa vita del manovale, ne è consapevole, così come è consapevole di poter solamente dare una personale interpretazione delle brevi ed acroniche rivelazioni fattegli da Primitivo nel corso dell’anno in cui si sono conosciuti. Pertanto è interessante la modalità in cui il giovane apprendista decide di far affiorare eventi significativi della vita di Primitivo, ossia ponendoli in corrispondenza di eventi significati della propria vita, traendone spunti per osservare in prospettiva sé stesso e, in qualche modo, per migliorarsi. Il finale sembra rivelare che è in questo modo che Primitivo intende sopravvivere alla morte: attraverso un ricordo che non sia fine a sé stesso, ma che sia fecondo e prolifico per chi lo custodisce.