
Procida è un’isola incastonata nei Campi Flegrei, fra vulcani, terre che si mescolano al sale ed allo zolfo. Procida è anche l’isola più densamente popolata del Mediterraneo ed anche quella in cui ogni abitante ha a disposizione almeno due auto. Procida è un’isola di pescatori, che si sono contesi nel corso dei secoli la pesca dei coralli con i dirimpettai di Torre del Greco. Procida è anche l’isola che ha un mare ricco di pesce ed una lunga tradizione di marinai che ha fatto dei procidani gli abitanti del mondo: quando a metà Ottocento si iniziò a sperimentare il canale di Suez, furono proprio i procidani ad insegnare come non far insabbiare le navi di passaggio. Non a caso a Procida è stato istituito già ad inizio ‘800 uno dei più antichi e prestigiosi istituti nautici della nostra penisola, nel quale si sono da sempre formati uomini e donne capaci di affrontare il mare e quello che ci nasconde. E Procida ha visto per questo andare via molti dei suoi abitanti, ha segnato legami profondi con Palermo all’arrivo di Napoleone, con l’Algeria e con tutto il Mediterraneo quando fatta l’unità d’Italia si faticava a fare gli italiani e la crisi spingeva i poveracci lontano dalle proprie terre. Per questo ancora oggi a Procida c’è un “Muro della Memoria” per ricordare tutti i procidani migranti che hanno portato altrove le loro vite, senza dimenticare le loro origini. Perché Procida ed i procidani hanno nel loro destino quello di sfidare il mare, di essere una terra fra orizzonte e mare, ma con uno sguardo lungo verso chi c’è al di là...
La raccolta di saggi brevi curata da Raffaella Salvemini, dirigente di ricerca al CNR, e Claudio Fogu, docente universitario a Santa Barbara, California, permette di inquadrare nel contesto culturale, sociale ed etnologico la storia di questa piccola isola dell’arcipelago napoletano che per le bellezze naturali e per i suoi legami con le terre che abbracciano tutta l’area mediterranea si è guadagnata il titolo di capitale italiana della cultura del 2022. Chi conosce Procida normalmente conserva l’immagine delle case variopinte che inquadrano il porto della Marina di Chiaiolella, oppure ha il ricordo delle escursioni in barca a Vivara, isola nell’isola; il pregio di questo volume è quello di fornire un quadro storico preciso che aggiunge alle immagini appena rievocate anche la dimensione storica di tradizioni tramandate per secoli a formare uomini e donne che, anche se nati in un posto così sperduto e secondario, hanno trovato piena e completa collocazione nella storia dell’economia marittima nazionale e internazionale. I saggi poggiano sulla rilettura di opere storiche che vanno a ritroso di almeno cinque-sei secoli, ma si completano con disegni e quadri oggi conservati in raccolte private capaci di restituire e trasmettere al lettore attento una ricostruzione veritiera ed intrigante dell’isola e dei suoi abitanti.