
Alice ed Elido si conoscono in occasione del premio Strega. Una presentazione fugace, approfondita in una cena successiva. Alice è giovane, ambiziosa, docente universitaria dalle prospettive precarie, ama scrivere e vorrebbe pubblicare un saggio con la casa editrice Fazi; ne discutono tra una pietanza e l’altra, ma il Publisher non resta ingolosito dall’idea, tutt’altra musica per l’autrice. Con mossa spiazzante, da corteggiamento cinematografico, lui la invita a raggiungerlo in India, dove ha prenotato una vacanza da sogno. Alice accetta, intrigata forse dalla baldanza predatoria dell’editore, dedito a quanto pare alle raffinatezze del pensiero quanto ai piaceri d’alcova; proprio la sua decantata abilità amatoria, piuttosto nota nell’ambiente, suggellerà il decollo di una relazione stramba e un po’ sbilanciata per la ventennale differenza d’età e i reciproci ruoli, ma destinata a stravolgere le loro vite. Elido resta folgorato dalla freschezza di Alice - unita a una disarmante audacia intellettuale – e decide di portarla con sé alle varie manifestazioni editoriali, la fiera di Francoforte per esempio, per introdurla, da spettatrice privilegiata, in un mondo dal quale Alice si sente calamitata e che osserva quasi con devozione scolaresca. La ragazza è perspicace, si applica, guadagnando in fretta esperienza e credibilità, fino ad essere assunta dal Publisher in veste di editor della Fazi. Coniugare sentimenti e lavoro rimane una sfida, specie per una relazione in progress; i due si studiano, prendono misure e distanze, valutano una compatibilità messa a dura prova dai rispettivi caratteri, ma soprattutto viaggiano a ritmo forsennato, macinando vacanze su vacanze che a volte, al di sotto delle aspettative, costituiscono motivo di malumori e solenni scazzi. L’editore è un osso duro: sanguigno, carnale, incontenibile nella smania di conoscere e fare, di una sete esistenziale che lo rende avido di progetti, tirannico coi dipendenti, geniale nel moltiplicare i quattrini. Certo le asperità montanare delle origini si fanno sentire: Quintodecimo, il natio paese marchigiano, ha lasciato un’impronta indelebile sul suo temperamento, forgiandone la durezza della scorza, senz’altro gagliarda ma allergica al galateo e indomita, avulsa da certe premure emotive evitate come la peste, eppure sensibile al soffio poetico del verso di Keats di cui è cultore appassionato e studioso. Missione impossibile condividerne lo spazio vitale, esteso, a volte, a qualche gonnella di troppo. Ma Alice infine riuscirà ad ammaliarlo, addomesticandone perfino certe selvaticherie…
Il libro, scritto con penna spumeggiante e ironica, è nella definizione della stessa autrice una “auto-bio-fiction”, biografia romanzata forse neanche troppo della vita dell’editore Fazi e della sua compagna. Il piglio, spiccatamente canzonatorio, funge da balsamo salvifico di una narrazione altrimenti candidata a un registro autocelebrativo piuttosto indisponente. Si ha invece la sensazione di una colossale presa per il didietro: verso il lettore, il mondo editoriale, soprattutto nei confronti di se stessi; Alice fa il verso all’Alice un po’ ochetta della storia e al trucido Publisher con una spudoratezza encomiabile, in una parodia esilarante della coppia e della quotidianità che strappa sorrisi di empatia. La sfrontatezza della forma e dell’intento infine pagano, facendo chiudere un occhio (anzi, due) rispetto a certe sottese furberie editoriali della vecchia volpe Fazi, se non regista di certo supporter dell’operazione. Humour à la Fielding, si è scritto: lo definirei piuttosto umorismo psicoanalitico, frutto di una metabolizzazione introspettiva e arguta delle imperfezioni di coppia e delle piccole angherie del maschio quotidiano, che consente all’autrice di rimarcare un’indipendenza intellettuale e di spirito altrimenti offuscata dall’ego elefantiaco di Fazi. In certe allusioni caustiche si avverte il retrogusto di qualche rospo mal digerito che rende ancora più pepata la lettura, facendoci simpatizzare con la feroce eleganza delle frecciatine dispensate qua e là, nelle quali non viene risparmiato un mondo editoriale arroccato in se stesso, invidioso e snob. La figura carismatica di Fazi, con la sua ascesa imprenditoriale prepotente, a volte discussa, giganteggia. Vivamente consigliato ai detrattori di Fazi, che avranno sugo a sufficienza in cui “fare scarpetta”, e alle donne che sognano di ricondurre un maschio ruspante al galateo sciapo del principe azzurro.
Leggi l'intervista a Alice Di Stefano
Il libro, scritto con penna spumeggiante e ironica, è nella definizione della stessa autrice una “auto-bio-fiction”, biografia romanzata forse neanche troppo della vita dell’editore Fazi e della sua compagna. Il piglio, spiccatamente canzonatorio, funge da balsamo salvifico di una narrazione altrimenti candidata a un registro autocelebrativo piuttosto indisponente. Si ha invece la sensazione di una colossale presa per il didietro: verso il lettore, il mondo editoriale, soprattutto nei confronti di se stessi; Alice fa il verso all’Alice un po’ ochetta della storia e al trucido Publisher con una spudoratezza encomiabile, in una parodia esilarante della coppia e della quotidianità che strappa sorrisi di empatia. La sfrontatezza della forma e dell’intento infine pagano, facendo chiudere un occhio (anzi, due) rispetto a certe sottese furberie editoriali della vecchia volpe Fazi, se non regista di certo supporter dell’operazione. Humour à la Fielding, si è scritto: lo definirei piuttosto umorismo psicoanalitico, frutto di una metabolizzazione introspettiva e arguta delle imperfezioni di coppia e delle piccole angherie del maschio quotidiano, che consente all’autrice di rimarcare un’indipendenza intellettuale e di spirito altrimenti offuscata dall’ego elefantiaco di Fazi. In certe allusioni caustiche si avverte il retrogusto di qualche rospo mal digerito che rende ancora più pepata la lettura, facendoci simpatizzare con la feroce eleganza delle frecciatine dispensate qua e là, nelle quali non viene risparmiato un mondo editoriale arroccato in se stesso, invidioso e snob. La figura carismatica di Fazi, con la sua ascesa imprenditoriale prepotente, a volte discussa, giganteggia. Vivamente consigliato ai detrattori di Fazi, che avranno sugo a sufficienza in cui “fare scarpetta”, e alle donne che sognano di ricondurre un maschio ruspante al galateo sciapo del principe azzurro.
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