
È proprio vero. Talvolta la giustizia riesce ad assumere le sembianze che le sono consone. Bussa alle porte della storia quando meno te lo aspetti e, come un vero gentiluomo d’altri tempi, reca tra le mani carte che restituiscono dignità, sia pure postuma, a un uomo a cui fino a quel momento era stata immeritatamente sottratta. Il messaggero di Dike in questa circostanza è Il musicologo tedesco Timo Jouko Herrmann, che ha scovato lo scorso mese, tra i polverosi scaffali della biblioteca musicale del Museo Nazionale di Praga, lo spartito di una cantata composta nel 1785 da Wolfgang Amadeus Mozart e da Antonio Salieri su libretto di Lorenzo Da Ponte.
Il documento è intitolato Per la ricuperata salute di Ophelia e riveste un’importanza straordinaria. Esso confermerebbe, infatti, che tra i due grandi compositori - le cui opere accendevano l’entusiasmo della corte di Giuseppe II negli stessi anni - correva un rapporto di reciproca stima e fruttuosa collaborazione assai più saldo di quella supposta gelosia professionale che avrebbe condotto Salieri a ordire l’avvelenamento di Mozart. Ad alimentare la nefanda leggenda, di cui all’epoca si bisbigliava negli ambienti di corte, sarebbe stato nientedimeno che Il celebre poeta e scrittore russo Aleksandr Sergeevič Puškin attraverso il suo dramma del 1830 Mozart e Salieri. In esso Puškin immaginava infatti che fosse stata proprio l'invidia del musicista veneto per il genio mozartiano a determinare la morte del musicista salisburghese per mano di uno sconosciuto committente di un Requiem.
Il contenuto dell’opera di Puškin, trasposta a teatro nel 1997 dal drammaturgo inglese Peter Shaffer con il titolo di Amadeus e adattato cinematograficamente dal regista ceco Miloš Forman nell’omonimo film del 1984, ha di fatto condannato nel tempo Antonio Salieri a una sorta di damnatio memoriae. Ma se adesso, finalmente, possiamo rallegrarci e del fatto che a Salieri sia stato restituito l’onore che merita e della comprovata utilità conservativa delle biblioteche, un altro dubbio si affaccia nella nostra mente. Se perfino il referto del patologo americano Artgur E. Rappoport dimostrò che la morte di Mozart fu dovuta agli effetti di una congenita malformazione del tratto renale e invece gli studi di musicologi di alto valore sono sempre passati in second’ordine rispetto al successo della leggenda artistica è merito della credibilità di uno scrittore famoso come Puškin o della nostra incapacità di discernere tra immaginazione e realtà? Insomma, galeotto fu il libro di Puškin o chi lo ha letto a proprio uso e convenienza?