
Heymun Lehmann, ebreo figlio di un mercante di bestiame originario della Baviera, sbarca al molo numero quattro di New York il giorno 11 settembre 1844. Heymun ha lasciato casa un mese e mezzo prima portando con sé solo una valigia e le scarpe più belle che possiede, serbate appositamente per il momento in cui sarebbe sbarcato in America. Ma l’America è grande, anzi grandissima e New York con i suoi odori, il miscuglio di lingue straniere e il traffico di merci e persone che non dormono mai fanno sentire Heymun (che ora per i registri americani si chiama Henry Lehman) come un pesce fuor d’acqua. Henry però, soprannominato “Testa” per l’inclinazione a ragionare a fondo sulle cose, non si perde d’animo e decide di stabilirsi a Montgomery, in Alabama. In una città dove l’economia ruota tutta intorno alle piantagioni di cotone, Henry apre il suo negozio di stoffe e abiti. Presto si spande la voce che Lehman sia tra i migliori sulla piazza: il suo cotone è first choice e il successo non tarda ad arrivare. Il padre laggiù in Baviera lo rivorrebbe a casa presto, perché in America non si va per restare, e invece a distanza di anni lo raggiungono anche i due fratelli minori: Emanuel detto “Braccio” per via del suo carattere impulsivo e Mayer, roseo e glabro come una patata, noto in famiglia come “Bulbe”. Riusciranno una testa, un braccio e una patata, conosciuti a Montgomery come Lehman Brothers, a farsi strada nella grandissima America senza dimenticare le proprie origini?
Lehman Trilogy è il frutto di un lavoro che ha impegnato Stefano Massini dal 2009 al 2012 e che è stato portato in scena al Piccolo Teatro Grassi di Milano nel 2015 dal compianto Luca Ronconi. La nuova edizione pubblicata da Mondadori nel 2016 intitolata Qualcosa sui Lehman è la scusa perfetta per chi ancora non lo avesse fatto per avvicinarsi ad un’opera pregiabilissima in ogni sua parte. In un arco temporale che attraversa 160 anni, Massini ripercorre la storia della società finanziaria Lehman Brothers, dalla sua fondazione come piccolo negozio di stoffe nell’Alabama schiavista di fine Ottocento fino alla bancarotta del 2008, la più grande nella storia degli Stati Uniti. Sarebbe comunque un’offesa ad opera e autore limitarsi a definire questo testo come il resoconto storico di una società finanziaria. Qualcosa sui Lehman è infatti un progetto letterario multiforme sia per scelte narrative che per tematiche. Da una parte abbiamo un testo mastodontico (ben 773 pagine) scritto in forma di ballata e raccontato da un narratore onnisciente in cui scelte linguistiche della tradizione classica (si vedano gli epiteti usati per definire i personaggi) si accostano a forme di narrazione moderne quali la graphic novel. Dall’altra abbiamo temi che spaziano dal capitalismo alla storia degli Stati Uniti e dell’occidente moderno, dal ruolo delle tradizioni a quello dell’economia. Qualcosa sui Lehman è pertanto sì l’epica di una famiglia che ha fondato uno degli imperi finanziari più potenti della storia, ma è anche riflesso del nostro presente. In un’intervista reperibile sul web Massini dichiara che non era nel suo interesse soffermarsi sul fallimento della Lehman, quanto piuttosto analizzare che cosa è fallito al suo interno. Senza emettere giudizi morali di alcun tipo, l’opera riesce ad intrattenere il lettore e a farlo al contempo riflettere su cosa accade all’uomo troppo ambizioso che dimentica se stesso e le proprie origini.