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Quando Mussolini non era il Duce

C’è un giovane che vive nella provincia romagnola. È intelligente, magro, sognatore, insofferente. Vuole fare tante cose: vuole viaggiare, conoscere, incontrare persone e luoghi nuovi. Soprattutto vuole cercare stimoli, perché quelli che attualmente gli offre la sua vita e il suo mondo non gli bastano. E infatti viaggia, anche all’estero e legge molto, moltissimo. E così si avvicina al Socialismo, quello marxista duro e puro, che non fa sconti e che ha come faro e fine la conquista del potere da parte del proletariato. Anzi, quello che il giovane Benito ama credere è che la storia, di tanto in tanto, fa sì che la società tutta si rinnovi e che il testimone passi da un gruppo di individui a un altro, da una classe all’altra. È successo quando la borghesia ha scavalcato la Chiesa e l’aristocrazia, imponendosi per ricchezza e per pensiero. E Benito crede fermamente che succederà anche nel suo tempo. La classe proletaria si imporrà e conquisterà tutto, in una rivoluzione di uomini e di idee. E al contrario della borghesia che quando si è imposta ha lasciato intatto il sistema delle classi sociali, il proletariato non farà sconti a nessuno e spazzerà via tutto il vecchio. Tutto questo, il giovane Benito lo dice a gran voce nelle assemblee di partito dove viene inviato come delegato e nelle pagine dei giornali in cui scrive. E anche se la parte riformista del Partito Socialista gli si oppone e lo critica, anche essa, però, non può fare a meno di applaudire alla dialettica e alla capacità di farsi ascoltare di questo giornalista animato dal fuoco sacro delle idee rivoluzionarie e sociali. Quella in cui il giovane Benito anima le platee e i lettori dei quotidiani è ancora l’Italietta di Giolitti, quella innervata da legami personali e comunitari di tipo tradizionale, che molti contemporanei criticavano per il fatto di essere uno Stato con pochissime ambizioni. Benito Mussolini non solo cerca di portare avanti il suo pensiero socialista rivoluzionario e far sì che la sua corrente prenda il comando del Partito, ma nel 1914 come direttore del quotidiano “Avanti!” si schiera a favore della entrata dell’Italia nella Prima Guerra mondiale, sostenendo il conflitto con parole e azioni. Da quel momento in poi la vita del giovane forlivese di provincia non sarà mai più la stessa e il suo personale destino si legherà a quello di una intera nazione…

Un saggio biografico di tutto rispetto quello scritto da Emilio Gentile che presenta una figura storica tra le più importanti del nostro Paese partendo dalla sua giovinezza e dal suo farsi affascinare da idee e scritti politici che poi diverranno appannaggio di gruppi e persone totalmente differenti da lui e dalla sua storia. Persone che arriveranno anche a rinnegare la sua conduzione al giornale socialista e il fatto che un tempo anche lui avesse idee proletarie. Ma l’interesse che suscita il libro di Gentile si basa soprattutto sul fatto che i lettori a un certo punto vengono portati a conoscenza anche di sconfitte che toccano proprio quell’uomo forte, come quella di novembre 1919, quando il suo movimento prende meno di cinquemila voti e i suoi Fasci di Combattimento fondati a Milano sono irrisi e quasi ignorati. Però c’è anche una sorta di Fato, qualcosa di predestinato che percorre l’intero saggio e che i lettori riconoscono come qualcosa di assolutamente veritiero, dato che la Storia ha poi parlato da sé. E quindi, Quando Mussolini non era il duce è una buona biografia che andrebbe letta per le nozioni storiche e sociali che presenta, per quel mondo di mezzo che è stato il primo dopoguerra italiano e perché Gentile scrive in maniera facile e appassionante. Al di là delle convinzioni politiche che ogni lettore può avere. La figura di Benito Mussolini ancora oggi nel nostro Paese è controversa e divisiva, ma un saggio ben scritto rimane qualcosa a cui dare comunque una occhiata. La Storia non si può cambiare e il fascismo italiano fa parte della storia italiana. E neppure questo si può cambiare.