
Giovanni è un giovane amante dei viaggi, perciò non sorprende nessuno che organizzi insieme al suo fidanzato Stefano e all’amico di questi, Enea, un interrail che li condurrà fino a Rovaniemi per vedere l’aurora boreale. Prima di partire però qualcosa nel modo di vedere la propria relazione per Giovanni cambia, a cominciare da una misteriosa cartolina che Stefano gli fa recapitare a Tropea, città in cui vivono i suoi genitori che è andato a trovare con alcune amiche. Giovanni, da sempre ansioso e facile preda dell’insicurezza, si trova a mettere in discussione il suo rapporto con il fidanzato. Quando però fa ritorno a Bologna, le cose si chiariscono: Stefano ammette di aver scritto quella cartolina pensando a cosa Giovanni potesse pensare della loro relazione, esprimendo più una sua paura che un reale disinteresse. Con quella questione risolta, i due si preparano per l’imminente interrail. Ma un viaggio così lungo può accompagnarsi facilmente a un carico emotivo impegnativo. Fin dalla partenza infatti le personalità dei due ragazzi si arroccano agli antipodi e a Enea non resta che mediare rimbrottando Stefano e supportando Giovanni. Zaino in spalla, i tre ragazzi salgono e scendono dai treni di mezza Europa scontrandosi con ritardi, destinazioni da favola e soprattutto condizioni meteorologiche non sempre favorevoli. Ed è proprio durante la fredda notte che li condurrà verso il loro sogno comune di vedere i giochi di luce dell’aurora che Giovanni non può più ignorare la diversa concezione di idea di coppia che esiste tra lui e Stefano. Ha sempre saputo che il suo ragazzo è un tipo solitario, molto deciso, al punto di risultare fastidiosamente freddo e ostile, ma mai aveva notato quanto poco mostrasse calore a lui: i commenti sull’acne (da sempre argomento per lui delicato e intimo) mai richiesti e fonte di maggiori insicurezze piuttosto che un valido aiuto per vivere la condizione con più spensieratezza, così come l’assenza di abbracci, carezze, emozioni condivise hanno squarciato quel velo d’illusione che si è creato da solo fin dal primo giorno in cui si sono conosciuti. E così mentre il freddo gli si insinua nelle ossa, sotto strati di caldi maglioni, e il viaggio si avvicina alla conclusione, per Giovanni inizia il lungo percorso della consapevolezza di sé e delle proprie necessità partendo dalle sedute con la psicologa…
Giovanni Arena ha fatto della sua passione per i viaggi il passe-partout per raggiungere tramite i social network migliaia di persone, sino a diventare un “travel influencer”. Social che col tempo ha iniziato a usare anche per avvicinare il pubblico ai benefici delle sedute di psicoterapia, tema di cui in Italia si discute troppo poco. Nel breve romanzo uscito per Mondadori, Giovanni ci porta alla scoperta di due viaggi: quello fisico compiuto a bordo dei treni verso la realizzazione di un sogno che molti condividono, assistere all’incredibile spettacolo delle aurore boreali, e quello intimo alla scoperta dei propri sentimenti e bisogni, alla ricerca della comprensione sincera di se stessi senza la paura del pregiudizio. E Giovanni il pregiudizio lo affronta quando permette al proprio alter ego di raccontarci, in una delle prime sedute, ciò che prova o per meglio dire non-prova lanciando la prima di tante domande che ha posto alla propria psicologa: “Lei crede che io sia pazzo?”. Pazzia è una parola pericolosa da usare oggi e Giovanni Arena lo sa bene, perché si porta dietro lo stigma di un bisogno sincero, quello di aprirsi a qualcuno per cercare se stesso. Toccare il fondo e risalire, tornare un po’ alla vita per certi aspetti. Ecco, in questo suo secondo libro non lascia solo il proprio lettore davanti a un viaggio che si può organizzare in ogni sua tappa, ma vuole aprire uno spiraglio verso un percorso più arduo e tuttavia carico di soddisfazioni, che è la riscoperta di sé. Uno stile inconfondibile, colloquiale in cui per tutte le pagine sembra di star parlando con quell’amico sincero che ha sempre un buon consiglio da dare e lo fa con la sicurezza di chi ti vuole bene e ti desidera aiutare. Non ci sono buchi di trama, né i cliché di un romanzo, ma uno sguardo delicato e al tempo stesso disilluso sull’importanza di avere consapevolezza di ciò che cerchiamo e di chi siamo senza il rischio di trovarsi nella vita a confezionare figure confortevoli per sopperire alle mancanze di altri, personaggi così perfetti che però non possono ingannare la mente a lungo.