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Quello che abbiamo vissuto

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Cristina scopre di aspettare un figlio. Decide che comunicherà la notizia dopo i tre mesi e ancor più tardi al resto dei parenti e agli amici. Presto tutti si accorgeranno della trasformazione del suo corpo e cominceranno a chiedere informazioni, ma lei non sente ancora l’urgenza di comunicare il suo stato interessante. Lei non è come sua sorella Carlotta, che per le sue due gravidanze non ha resistito oltre le otto settimane per dirlo a tutti. Lei ha dalla sua lo yoga, il nuoto che le consentiranno di mantenersi tonica ed elastica. Inoltre, la luccicanza che si racconta trapeli dallo sguardo delle gestanti nei suoi occhi di trentasettenne non la cercherà nessuno. Del resto tutti hanno smesso di credere alla possibilità per lei e Alberto di avere un figlio dopo che per diversi anni ci hanno provato senza successo. Ricorda ancora quel periodo durante il quale lei e il marito, seguendo l’infallibile metodo del Dottor Garavaglia, ginecologo popolarissimo fra i suoi amici, avevano distrutto la propria intesa sessuale e confutato il metodo del dottore. Perciò, quando Cristina scopre di essere incinta, dopo una parentesi che l’ha portata nelle braccia di Federico Lovisan, il suo collega senior account manager, ne è felice. Esce in anticipo dal lavoro e, invece di comprare il solito cibo pronto, acquista della carne in macelleria e cucina con cura qualcosa di buono, apparecchia la tavola con attenzione. Vuole che sia tutto perfetto quando comunicherà la bella notizia ad Alberto. Ha timore che, nonostante un figlio sia stato molto desiderato da entrambi in passato, forse adesso sono persone diverse, una coppia diversa, in un tempo diverso. Sceglie le parole con cura e lo comunica senza eccessiva enfasi, usando il noi al posto dell’io. Aveva pensato di fargli trovare in una scatolina lo stick del test, come se fosse una cosa preziosa ma poi si è detta che non era adatta ad Alberto, uomo che non ama i giri di parole. Lui accoglie la notizia con un sorriso rassicurante, che però Cristina ha difficoltà a sentire spontaneo…

Giuseppe Imbrogno, il cui romanzo d’esordio Il perturbante (Autori Riuniti, 2017) è stato finalista al Premio Calvino 2016 - dove ha ottenuto la menzione speciale della giuria - e al Premio Carver 2018, esce con questo nuovo romanzo con la casa editrice Readerforblind. Descrive la genitorialità mettendo in luce le difficoltà di una madre con la sua necessità di sentirsi ancora donna dopo la “pausa mamma” con i suoi nuovi progetti e la necessità di riscatto, così come quelle di un padre. Ma nel libro non vi è solo la metamorfosi di una coppia sposata, l’accento viene posto anche sul legame amicale rappresentato da Mario che, per Alberto, ha costituito un’importante figura di riferimento, soprattutto durante la loro militanza ai tempi del G8 a Genova nel 2001 che ha portato conseguenze su tutta la collettività. I due si rincontrano condividendo la stessa esperienza di crescita in un’isolata località di montagna insieme ai rispettivi figli ma, qualcosa, dopo vent’anni, è cambiato anche tra loro. Una storia su quello che desideriamo e su quello che invece accade davvero, sui cambiamenti nella propria vita, le priorità ma anche sulla parte più profonda di ognuno di noi.