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Quello che è tuo è mio

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Genio è affiancato da due miliziani dei Sovvertitori, non ride ed evita di guardare Tito negli occhi. Un tempo erano amici, ridevano insieme e facevano la lotta, si erano giurati l’un l’altro “quello che è tuo è mio!”. Tra loro Tito è quello che prende tutto sul serio, mentre Genio è l’affascinante ragazzo capace di saper fare e dire sempre la cosa giusta per piacere. Sembra sia passata una vita da quando hanno saltato la scuola e si sono intrufolati sul vecchio barcone ormeggiato lungo il fiume, la “Freccia del Mare”. Per gioco hanno mollato gli ormeggi e provato a avviarlo e quello, dopo qualche tentativo e una pulitina alle candele, è partito. Ai ragazzi pareva di essere alla consolle di un videogioco, ma a un tratto si è alzato il vento, il Maestrale ha fatto ondeggiare l’imbarcazione, che ha cominciato a girare su se stessa, con il mare che la respingeva verso l’argine del fiume, si è piegata su di un lato ed è restata incagliata. Il motore si è spento e i due amici hanno deciso di abbandonare il barcone e tornare verso casa a piedi, attraversando un canneto. Genio però è finito in una pozza di fanghiglia e si è tirato dietro Tito. Immersi nel fango, i due hanno iniziato a scherzare e a lottare, poi un tuffo nel fiume per sciacquarsi e sono restati nudi distesi al sole, aspettando che gli abiti si asciugassero. Si sono addormentati e li hanno risvegliati le voci di un gruppo di uomini, vicini al battello spiaggiato…

Quello che è tuo è mio di Luisa Mattia è un romanzo per ragazzi in cui l’autrice rappresenta una società futura dall’assetto politico-sociale oppressivo, in cui la tecnologia viene usata da un piccolo gruppo per controllare il resto della popolazione. Una storia attuale a cui non manca neppure il microchip inserito sottopelle con una siringa, palese richiamo ai timori di molti contemporanei No Vax. Una continua, e neppure troppo sottile, inquietudine serpeggia in tutte le pagine fino alla fine della narrazione, nonostante il libro si concluda con un’immagine di speranza. A ogni buon conto sono l’amicizia e i primi innamoramenti che appartengono alla vita degli adolescenti, le incertezze, le rivalità tra maschi, a essere il filo conduttore del racconto. Lo stile di Luisa Mattia è essenziale, nessuna parola in più o in meno del necessario, le descrizioni sono telegrafiche, le emozioni suggerite dagli sguardi e dalle sospensioni di parole; così come il ritmo narrativo che è serrato, coinvolgente, capace di tenere ben desta l’attenzione del lettore: non mancano infatti i colpi di scena. Solo il salto temporale a ritroso non è perfettamente allineato, poiché il momento d’inizio del romanzo non trova un naturale aggancio con le ultime pagine del libro; tuttavia questa apparente imprecisione viene superata dai contenuti della storia, che si prestano a confronti e stimolano riflessioni su molti temi di attualità, come il cambiamento climatico e, in particolare, il ruolo delle ideologie o di qualunque tipo di credenze e di valori che orientino in maniera univoca i gruppi sociali. Uno YA impegnativo, che vale la pena di leggere insieme ai propri figli.