Salta al contenuto principale

Quello che non sai

quellochenonsai

Come ogni martedì, nel primo pomeriggio Michela - tutti però la chiamano Ella - va a prendere la figlia Ilaria al circolo tennis dove si allena. Tutti dicono che la ragazza è molto promettente e talentuosa e che potrebbe fare strada in quel campo. Michela sta aspettando da almeno un quarto d’ora, ma Ilaria, si sa, non ha la più vaga idea di cosa sia la puntualità e, quel che è peggio, non riesce affatto a concepirla come forma di rispetto dovuta nei confronti degli altri. Assolutamente no, è normale che tutti debbano aspettarla, in particolar modo sua madre. Duccio, intanto, se ne sta tranquillo accanto ai piedi di Ella nell’aiuola dove da sempre la donna si ferma ad attendere l’arrivo della ritardataria cronica. Duccio è un labrador nero, con gli occhi nocciola ed è da sempre l’ombra di Ella, soprattutto da quando Ilaria - che tanto aveva insistito per averlo, dopo averlo visto dietro le sbarre della sua gabbietta in un negozio di animali, ed era riuscito a convincere anche un irremovibile Aurelio, il suo papà - ha smesso di occuparsene, non appena il dolce peluche si è trasformato in un bestione goffo e pesante. Ilaria sa perfettamente che il cane patisce le alte temperature, ma questo non è motivo sufficiente per farla uscire in fretta dal circolo. Quando gli altri ragazzini se ne sono già andati da un pezzo, eccola affacciarsi all’ingresso del circolo e rivolgere alla madre un rapido cenno di saluto, senza smettere di discutere con Emma, la sua amica. Come al solito si starà lamentando di Renata, l’insegnante di turno, con la quale Ilaria non è riuscita ad instaurare un buon rapporto, nonostante la donna sia estremamente paziente con la ragazza. Mentre la giovane attraversa la strada per raggiungerla, la madre pensa a quanto sia simile al padre, nel suo incedere lento e distratto. Ora si ferma. Poggia a terra la sacca, fruga nella tasca destra, tira fuori il cellulare e se lo porta all’orecchio. È completamente immobile in mezzo alla strada e un’auto sta arrivando da via Nomentana. Ella osserva la scena come attraverso una moviola: la figlia immobile, l’auto sempre più vicina e lei ferma, incapace di gridare per avvertire la figlia né di reagire in alcun modo. È Duccio l’unico in grado di fare qualcosa: si rizza sulle zampe e abbaia fortissimo…

Una storia coraggiosa, schietta. Una lettura che entra nello stomaco e lo sconquassa. Una voce che, con estrema risolutezza, mette a nudo la propria anima, i propri sentimenti e racconta l’amore, la maternità e la disperazione ad esse legate più spesso di quanto si abbia il coraggio di ammettere. L’esordio letterario di Susy Galluzzo – romana d’adozione, ma di origini calabresi - è un romanzo intenso e bellissimo, il diario vibrante di Ella, madre imperfetta- oppressa dal difficile legame con la figlia, per crescere la quale ha a poco a poco spento ogni suo sogno ed entusiasmo, e soffocata da un matrimonio che si trascina stancamente, senza amore e senza passione - che riesce a trovare attimi di pace solo nella casa della sua infanzia, dove finalmente può allacciare un dialogo muto con la madre che non c’è più, donna dolce e affettuosa di fronte al ricordo della quale la figlia riesce a esprimere i suoi non detti e a cercare quel conforto che le consenta di non sentirsi una madre e una donna a metà. Ella cerca in ogni modo di annullarsi per dar spazio alla figlia, adolescente problematica e insicura, ma si rende conto della frattura interna che la sta lacerando e dei sensi di colpa, legati ad un passato non risolto, che ancora la attanagliano e la feriscono. È stanca di sentirsi continuamente giudicata, tradita e, soprattutto, dimenticata. Ella non è solo una madre, non è solo una moglie. È una donna che, per non soccombere, deve assolutamente ritrovare se stessa e seguire quella luce che - per quanto fievole - è l’unica capace di ridonarle la dignità che le spetta; deve imparare a scrollarsi di dosso quel viluppo di sensi di colpa, tabù e ossessioni claustrofobiche che le impediscono di respirare; deve ricominciare e, per farlo, deve accettare di essere fallibile e trovare la forza di infrangere le pareti di quella prigione dorata nella quale è diventata solo l’ombra di sé. Un racconto struggente che non ha timore di raccontare i pensieri più intimi e scomodi di una madre, gli inciampi e le fragilità legate ad un ruolo che tale rimane per tutta la vita e non conosce pause. Una storia che sa scandagliare l’animo femminile e fotografarne senza pudore anche i recessi più nascosti; un invito a mostrarsi indulgenti con se stessi e, soprattutto, con le proprie imperfezioni.

LEGGI L’INTERVISTA A SUSY GALLUZZO