
Viaggiando a settanta miglia orarie, e forse anche di più, non deve’essere facile tenersi in equilibrio all’interno di uno di quei vagoni dei treni merce soprannominato - nel gergo dei vagabondi - “spaccaculo” per via della loro scomodità. Eppure per Woody, perennemente squattrinato, le soluzioni non sono poi molte, e così queste rotaie che corrono veloci rappresentano l’unica alternativa possibile per lasciarsi alle spalle Montana, Dakota, Minnesota, Oklahoma e raggiungere il mattatoio di Chicago, le strade ricche di occasioni di New York oppure gli immensi frutteti della California. E come Woody sono molti i senzatetto che chiedono un passaggio a questo treno diretto verso la gloria, per poter continuare a sperare in un domani migliore di oggi, passando di città in città, in cerca di un lavoro o qualche pezzo di pane raffermo, fuggendo dalla polizia, dai posti di blocco ferroviari, dal gelo e dalla pioggia. Questi sono, in fondo, gli anni ’30 in America, segnati da povertà e speculazione, dall’avvento - e la contemporaneità è tutto meno che un caso - della moderna e ricca upper class e della disperata e squattrinata working class. E dire che vent’anni prima a Okemah, in Oklahoma, le cose non andavano poi tanto storte, e la famiglia Guthrie riusciva persino a permettersi una splendida casa in stile coloniale, grazie alle entrate del padre Charley, abile speculatore terriero. Ma il boom del petrolio e la conseguente speculazione, la malattia della madre Nora, la morte della sorella Clara e i continui - e piuttosto sospetti - incendi che non smettono di tormentare la famiglia Guthrie segneranno la vita di Woody, rendendolo un perfetto vagabondo…
Menestrello della working class americana, nato a Okemah il 14 luglio 1912, Woody Guthrie lascia un segno piuttosto evidente negli USA grazie al suo Questa terra è la mia terra - in originale Bound for Glory - recensito in breve da Bob Dylan con l’elogio: “è stato per anni la mia bibbia”. Non è un caso quindi che nel film “Io non sono qui”, che ripercorre la biografia di Dylan, uno dei sei personaggi che re-interpretano le diverse fasi della carriera e della vita di Bob sia Marcus Carl Franklin nei panni Woody Guthrie, vera e propria ossessione giovanile di Dylan. Ma ottime critiche a Bound for Glory arrivano anche dal versante letterario americano, per bocca di Steinbeck che parlando del libro dice: “in questo romanzo c’è la forza prepotente della gente che si ribella all’oppressione”. E così, passando forse per luoghi comuni maggiormente noti al pubblico rispetto alle opere di Woody, il libro Questa terra è la mia terra può essere definito come un mix tra le disavventure di Furore, immerse nel piano lessicale di Le avventure di Huckleberry Finn e accompagnate dalle note folk blues del primo Bob Dylan. Al di là del successo letterario negli USA - il pubblico italiano è ancora piuttosto freddino nei confronti della pubblicazione - Bound for Glory nel 1976 è diventato anche un film diretto da William Hal Ashby che ha visto nei panni di Woody il celebre David Carradine - i più giovani lo ricorderanno sicuramente per la parte di Bill in “Kill Bill”. “Bound for Glory” è stata una delle prime pellicole ad essere girata con l’utilizzo della Steadicam e nel 1977 incassò ben due premi Oscar. Di tutto questo però Woody è rimasto all’oscuro, dopo averci lasciato il 3 ottobre 1967 a distanza di oltre dieci anni di ricoveri in vari ospedali americani, a causa della Malattia di Huntington, morbo ereditario che segnò anche la vita della madre Nora - e vuoi vedere che i numerosi incendi in casa Guthrie, allora, non erano del tutto casuali.
Menestrello della working class americana, nato a Okemah il 14 luglio 1912, Woody Guthrie lascia un segno piuttosto evidente negli USA grazie al suo Questa terra è la mia terra - in originale Bound for Glory - recensito in breve da Bob Dylan con l’elogio: “è stato per anni la mia bibbia”. Non è un caso quindi che nel film “Io non sono qui”, che ripercorre la biografia di Dylan, uno dei sei personaggi che re-interpretano le diverse fasi della carriera e della vita di Bob sia Marcus Carl Franklin nei panni Woody Guthrie, vera e propria ossessione giovanile di Dylan. Ma ottime critiche a Bound for Glory arrivano anche dal versante letterario americano, per bocca di Steinbeck che parlando del libro dice: “in questo romanzo c’è la forza prepotente della gente che si ribella all’oppressione”. E così, passando forse per luoghi comuni maggiormente noti al pubblico rispetto alle opere di Woody, il libro Questa terra è la mia terra può essere definito come un mix tra le disavventure di Furore, immerse nel piano lessicale di Le avventure di Huckleberry Finn e accompagnate dalle note folk blues del primo Bob Dylan. Al di là del successo letterario negli USA - il pubblico italiano è ancora piuttosto freddino nei confronti della pubblicazione - Bound for Glory nel 1976 è diventato anche un film diretto da William Hal Ashby che ha visto nei panni di Woody il celebre David Carradine - i più giovani lo ricorderanno sicuramente per la parte di Bill in “Kill Bill”. “Bound for Glory” è stata una delle prime pellicole ad essere girata con l’utilizzo della Steadicam e nel 1977 incassò ben due premi Oscar. Di tutto questo però Woody è rimasto all’oscuro, dopo averci lasciato il 3 ottobre 1967 a distanza di oltre dieci anni di ricoveri in vari ospedali americani, a causa della Malattia di Huntington, morbo ereditario che segnò anche la vita della madre Nora - e vuoi vedere che i numerosi incendi in casa Guthrie, allora, non erano del tutto casuali.