Salta al contenuto principale

Qui non crescono i fiori

Qui non crescono i fiori

Sud Italia. Salvatore e Damiano sono di ritorno dopo la consegna di un motorino dall’altra parte dell’isola. I due fratelli sono così vicini da non sopportarsi. Nonostante la musica ad alto volume, si sente uno strano rumore. L’Ape si ferma sotto un caldo infernale e l’idea della rabbia del padre non fa che aumentare le bestemmie che tirano fuori a turno. Unica compagnia: il frinire delle cicale. Damiano decide di tornare a casa a piedi e trova Mario, suo padre, davanti ad un bicchiere di vino che porta alla bocca in continuazione. Dopo tre anni, ha ricominciato. E non sa neanche perché. Damiano e Pietro, amico fraterno e impacciato collaboratore, eseguono gli ordini: sistemare una vecchia parabola sul tetto. Senza successo. Nel frattempo, Salvatore ammazza l’attesa e decine di cavallette. Constatando, tristemente ma anche con rassegnazione, che non è la prima volta che la sua strampalata famiglia si dimentica di lui. Si incammina ma viene azzannato da un cane randagio. Ha solo dodici anni, è lontano da casa e sanguina dal polpaccio. L’ultima cosa che vuole è sentire la predica di suo padre e tornare ad essere la vittima preferita dei dispetti di suo fratello. A dispetto di questa traumatica esperienza, tra un richiamo dell’antirabbica e l’altro, Salvatore stringe un legame profondo e inaspettato con Tonno, un cucciolo randagio trovato in una casa abbandonata. “Quella” casa abbandonata…

Che segreto nasconde Mario? E perché continua a punirsi con l’alcool? Dov’è finita sua madre? E i loro sogni da bambini? Perché Tonno non torna a casa? Le ferite della vita segnano il destino dei quattro protagonisti di questo amaro e profondo romanzo. Caldo afoso, cani randagi, qualche immigrato straniero che si aggira per le strade, ricordi e angosce, gelosia e paura. Poche parole, nessun gesto d’affetto ma tanto bisogno d’amore. Terra e mare, realtà e sogno. È in questo scenario che si sviluppa il racconto tra presente e passato, entrambi pieni di violenza. Luca Giordano, scrittore e sceneggiatore, reduce da una collezione di fallimenti e di seconde opportunità, ci regala una storia dura, essenziale, amara ma anche commovente, travolgente ed emozionante. Una storia schietta, senza retorica che resta dentro per un po’ (il finale, soprattutto, non è facile da metabolizzare). La scrittura vivace (quasi in stile cinematografico), uno stile tagliente, essenziale e una prosa dinamica (il ritmo cadenzato che passa da una scena all’altra, dal presente al passato) catturano il lettore catapultandolo dentro la storia, regalandogli la possibilità di sentire e vedere quello che sentono e vedono i protagonisti. Pubblicato per la prima volta nel 2013, appena prima della chiusura di ISBN, Qui non crescono i fiori ha rischiato l’oblio: a Terrarossa Edizioni il merito di aver salvato, ripubblicandola, un’opera densa ed interessante. Che, come il suo autore, merita davvero una seconda possibilità.