
Basta ritrovare un quaderno del 1917 per essere catapultati di colpo in un mondo che oramai sembra non esserci più: riaffiorano i ricordi del maestro, i primi passi nella scuola, la madre. Da lì in poi una stagione di morti improvvise, quelle della prima grande guerra, inaspettata. Quando crolla un mondo e se ne costruisce un altro. E si sorride di fronte alla gravità dei fatti descritti in quel quaderno: tanti errori di scrittura che oggi sono nulla di fronte al passaggio della guerra. Il quaderno è logoro, ma ancora intatto e questo lo fa star bene, lo fa star meglio, lo aiuta a ritornare alla realtà. Altrove, in una altra sezione dei suoi ricordi c’è anche il ricordo della paura di un rifugio clandestino quando ormai stava finendo la seconda grande guerra: una stanzetta condivisa con l’amico Libero, la fuga in campagna, le promesse di normalità con una ragazza, Valeria, che quasi quasi gli fanno dimenticare che tutto intorno c’è la guerra, c’è la morte. Non è facile fidarsi, ancora meno mantenere la calma e la tranquillità senza esporsi: le uscite diradano, il tempo invece si prolunga all’infinito. Fuori intanto c’è la guerra, ma questo non può impedirgli di perdere il filo della vita. In quella normalità c’è anche il ricordo delle nozze della nipote Anna, festeggiate con semplicità, in famiglia, con rosette di pane bianco e pere, senza il corposo vino del Vulture, ma qualche sofisticato bicchiere di vino veneto. Un’altra occasione per stare insieme, per rivedere le sorelle ed il padre, ma anche le bellezze di una terra che non lo abbandonerà mai nei suoi continui pellegrinaggi...
La raccolta dei Racconti segue un progetto di Mondadori iniziato nel 2019 con la pubblicazione di Furor Mathematicus e finalizzato alla riscoperta, necessaria, di un grande scrittore spesso dimenticato, Leonardo Sinisgalli. I racconti riproposti, a cura di Silvio Ramat, sono quelli delle raccolte Fiori pari, fiori dispari (1945), Belliboschi (1948) e Un disegno di Scipione e altri racconti (1975), che segnano in modo vivace e progressivo la commistione ed il passaggio dalla narrazione tradizionale, alla narrazione lirica, fatta di frasi, immagini e a tratti anche di poesia. Protagonista il poeta e la sua Lucania, dal paesino di Montemurro, in un susseguirsi di ricordi e di scoperte, memoria ed invenzione, fino agli anni del Collegio e poi gli anni universitari. E si va più in là, con un contorno di parenti, genitori, cugini, che confluiscono in quel ‘lessico famigliare’ che ha contornato la sua vita, le sue scelte. Lo stile è ironicamente neorealista, perché nella penna c’è sempre in agguato la voglia di una testimonianza ottimista, che sfonda la porta della contingenza per portare lo sguardo verso altro, verso l’oltre, verso un tentativo di normalità. A torto Sinisgalli non occupa le pagine delle antologie dei narratori del ‘900: dai suoi racconti esce uno spaccato diverso rispetto ai cliché di cui ci hanno riempito la testa le letterature. La lettura scorre tranquilla, quasi senza peso, quasi senza quell’angoscia che pure ha vissuto lo scrittore, ma che è riuscito a trasformare in un narrato pacato, mai drammatico, eppure così vivo e vitale. Una prosa lirica che trascende i fatti e li riannoda in modo rassicurante.