
L’uomo aspetta in silenzio, seduto in serpa del suo calesse. Le spalle sono curve e si stanno a poco a poco coprendo di neve. È sera, è buio e fa freddo. L’uomo vorrebbe parlare. Ha un’informazione da comunicare a chiunque sia disposto ad ascoltarlo. In gola gli brucia la notizia, tremenda e insostenibile. Purtroppo, nessuno gli dà retta. Vuoi per la fretta, vuoi per l’indifferenza, vuoi perché l’uomo è schiacciato dal dolore e parla a fatica, gli altri risultano irraggiungibili. Eppure, lui ne avrebbe così tanto bisogno: di poter parlare con qualcuno, di trovare qualcuno a cui raccontare la sua storia. È dalla mattina, quando la novità si è concretizzata nella sua vita, che lui vorrebbe incontrare qualcuno disposto ad ascoltarlo. Sfortunatamente, la città intera è troppo occupata nelle sue faccende e, si sa, ognuno ha le sue preoccupazioni. Così, a fine turno, il vetturino torna a casa, nel piccolo e sudicio appartamento che condivide con altri coinquilini. Anche al riparo dalla neve e dal freddo, anche insieme a persone come lui, anche dopo il lavoro, l’uomo non riesce a trovare nessuno che gli dia retta. L’informazione rimane incagliata nella sua bocca. A chi racconterà che quella mattina, dopo una breve malattia iniziata come febbre, suo figlio è morto?
Anton Čechov ha scritto ininterrottamente racconti per vent’anni (1883-1903). È giustamente famoso per la sua abilità nel creare storie senza un inizio e senza una fine. L’incipit è casuale e la conclusione, spesso, irrilevante. Nabokov ha scritto che nessuno come lui è stato in grado di creare con così poca enfasi personaggi così struggenti. Nei suoi racconti, Čechov ha cercato di ritrarre la vita come è davvero: ha perciò rinunciato ad un inizio premeditato, ad uno svolgimento maldestro e ad una conclusione architettata. Ritrae uomini e donne incredibilmente umani, frammentati, casuali. Spesso, la storia riguarda quello che apparentemente potremmo definire un aspetto secondario nella vita del personaggio. Con uno stile sobrio e comprensivo (era un medico, dopotutto), Cechov ci accompagna su curiose montagne russe (il gioco di parole non è voluto) emotive. Leggendo i suoi racconti ci ritroviamo via via commossi, intrigati, arrabbiati, incuriositi, delusi, agghiacciati, sorpresi. Il racconto si spoglia dei vezzi letterari e dell’arroganza dell’autore. C’è solo la vita, accidentale e inattesa.