
Roma, fine Ottocento. La città che “puzzava de monnezza, piena de sorci e de bacarozzi”, diventa una città internazionale. “Roma capitale” comincia a popolarsi di impiegati pubblici, giunti dalle vecchie capitali, e di operai dal Meridione, arrivati per costruire case, strade e palazzi. Intorno alla città si scavano cave per il materiale da costruzione. Tanti gli ebrei che vanno ad abitare al quartiere Testaccio, l’India alle porte di Roma lo chiamano. Nel primo ventennio del ’900 la città si raddoppia, sorgono quartieri popolari nuovi, come San Lorenzo. Valle Aurelia, la Valle dell’Inferno, dove abitano i “fornaciari”, è in periferia. Negli anni ’30 il duce crea le borgate, dove sbatte gli zozzoni e i morti di fame che “rovinano la pomposità fascista dell’arredo urbano”, ma anche gli antifascisti. Nascono Donna Olimpia, il Trullo, Borgata Gordiani, dove la milizia fascista e i carabinieri non mancano mai. Nel ’38 viene firmato il Manifesto della Razza e varate le leggi razziali (gli ebrei non possono più fare neanche gli stracciaroli). Poi alla fine degli anni ’30 scoppia la Seconda Guerra Mondiale e a settembre del ’43 Roma è occupata dai nazisti. Ad ottobre nascono i Gruppi d’Azione Patriottica, partigiani legati al Partito Comunista, ed altri gruppi partigiani legati ad altri partiti antifascisti. Il 23 marzo del ’44 Rosario Bentivegna e Carla Capponi, insieme ad altri partigiani, fanno esplodere una bomba in via Rasella e colpiscono l’11ª compagnia del Polizei-regiment “Bozen”. Muoiono 32 soldati tedeschi (più un altro, deceduto in ospedale a seguito delle ferite) e un ragazzino italiano, Piero Zuccheretti. Il giorno successivo i nazisti fucilano per rappresaglia 335 italiani, dieci per ogni tedesco morto (Kappler sbaglia nel conteggio e ne uccide 5 in più). L’eccidio avviene in una delle cave in disuso intorno a Roma, sulla via Ardeatina...
Sono trascorsi vent’anni dal debutto teatrale di Radio Clandestina in una cella dell’ex carcere nazista di via Tasso, oggi Museo della Liberazione di Roma. Anni in cui Ascanio Celestini ha attraversato l’Italia, in compagnia del suo monologo, tra palcoscenici di teatri e festival, centri culturali e sociali. La scintilla è scoccata con il libro di Sandro Portelli L’ordine è già stato eseguito, a cui si è ispirato per partecipare con un racconto alla rassegna I luoghi della memoria, su invito di Mario Martone (in quel periodo direttore artistico del Teatro Argentina di Roma). Dal monologo teatrale (privo di copione, Celestini raccontava le storie improvvisando, senza imparare le parole a memoria, ed è ancora così) si è passati alla pubblicazione del libro per la prima volta nel 2005. Nel testo vengono narrati fatti storici, l’occupazione nazista di Roma e l’eccidio delle Fosse Ardeatine, ma in una prospettiva “periferica”. In primo piano non ci sono i grandi personaggi, ma la povera gente con le loro storie (che non meritano certo di essere scritte con la “s” minuscola). Gli analfabeti, che si rivolgono al nonno paterno Giulio, che lavora al cinema “Iris odierno cinema Gioiello”, in fondo a via Nomentana, a Porta Pia, per farsi leggere i manifesti appesi dai tedeschi sui muri della città. Gli ebrei, che devono consegnare cinquanta chili d’oro ai nazisti o i sei disgraziati, renitenti alla leva, che vengono uccisi su una spiaggia di Ladispoli. Tutto è storia. La pubblicazione in quei giorni di un curioso articolo su “L’Osservatore romano”, la menzogna dei manifesti stampati dai tedeschi dopo l’attentato, ma anche le vite vissute dai parenti degli uomini trucidati, le figlie che dopo il matrimonio depongono i fiori del bouquet sulla tomba dei padri. Radio clandestina è una memoria contro l’oblio, per ricordare che dietro ogni targa commemorativa c’è sempre una vicenda umana “che non potrà finire finché qualcuno ne avrà il ricordo”, per non dimenticare che “tutti vivono nella storia anche se ne abitano solo la periferia”. Completano il libro una postfazione di Alessandro Portelli, una nota di Mario Martone e una serie di fotografie.