
È una divisione del mondo sensata, quella tra società con il teatro e società senza teatro. Altrettanto sensato è dire che nelle società che hanno conosciuto questo strano spazio pubblico, in cui si consuma la finzione come evento ripetibile, esso ha sempre incontrato reticenze, anatemi, piccole o grandi comunicazioni aggiuntive e anche entusiasmo. Più specificamente, accanto al sospetto spirituale che scredita il teatro, c’è sempre lo sguardo vigile dello Stato, al punto che il teatro è sempre stato un affare di Stato e lo rimane tuttora. Chi non si accorge che questa divisione ha il merito aggiuntivo di attraversarne anche un’altra, quella abusatissima tra Occidente e Oriente, tra Nord e Sud? Perché al punto estremo di questo Oriente troviamo la straordinarietà di un teatro dell’eccezione, che generalmente l’Islam tenta di annullare. Dico “generalmente” perché nessuna considerazione sulla teatralità universale può ignorare i drammi sacri attraverso cui lo Sciismo Iraniano ha conferito Presenza ai propri martiri, dove lo scandalo ospita l’eresia…