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Rhythm section

Rhythm section

Keith Proctor tiene d’occhio da un po’, da una certa distanza, lo skinhead che sta appiccicando ai vetri delle cabine telefoniche con del nastro adesivo blu i volantini pubblicitari delle prostitute. Gli si avvicina, gli mostra il frammento del volantino che ritrae una giovane donna che offre il proprio seno tenendolo tra le mani e gli chiede se sa chi sia la ragazza. Occorrono cinquanta sterline per persuaderlo a parlare: sì, lo sa, si chiama Lisa ma non è una delle sue; pare lavori a Soho. Un’ora dopo Proctor raggiunge una cabina in Cambridge Circus, entra, trova la pubblicità che sta cercando completa di numero telefonico, chiama e fissa un appuntamento con Lisa da lì a dieci minuti. Il luogo in cui è diretto si trova tra un minimarket asiatico ed un negozio che vende video porno; il corridoio è ingombro e male illuminato; ad ogni pianerottolo ci sono due o tre porte vecchie e malconce; al terzo piano, invece, una porta nuova, dipinta di nero, viene tenuta aperta da una donna obesa con gli occhiali scuri, che lo invita ad entrare e lo lascia solo nella stanza. L’ambiente è caldo e odora di olio per bambini e sigarette, ci sono un materasso a due piazze appoggiato su una bassa intelaiatura di legno e candele ovunque. Entra Lisa: indossa una vestaglia di raso rosso sopra biancheria intima nera e un reggicalze; ai piedi scarpe con i tacchi altissimi. I capelli biondi, ossigenati, sono lunghi fino alle spalle; è magrissima ed il viso emaciato è coperto da un trucco pesante. Keith Proctor non perde tempo e le comunica subito di ritenere che Lisa sia un nome falso e che lei in realtà si chiami Stephanie Patrick. La donna si immobilizza per un secondo, cercando di mascherare la sorpresa, poi si allontana dalla stanza sostituita, due minuti dopo, da un uomo alto, con un’enorme testa rasata incassata nei muscoli delle spalle che invita il giovane, in maniera tutt’altro che gentile, ad uscire immediatamente da quella stanza. Più tardi, per strada, Keith intercetta una Lisa in jeans, felpa grigia e bomber di pelle nera che cammina frettolosamente e vorrebbe evitarlo. Ma in qualche modo il giovane riesce a farsi ascoltare: è un giornalista ed ha scoperto che il disastro aereo, avvenuto due anni prima, nel quale sono morti i genitori, la sorella ed il fratello minore di Lisa, non è stato affatto un incidente. È stata una bomba a distruggere quell’aereo…

L’11 settembre 2001 l’attentato alle Twin Towers di New York segna l’atto più eclatante di un piano di più ampio respiro progettato da Osama Bin Laden; due anni prima, nel 1999, lo scrittore britannico Mark Burnell pubblica nel Regno Unito un romanzo – il primo di una quadrilogia – la cui trama ha incredibili ed inquietanti analogie con l’attacco alle Torri. Mondadori, in occasione dell’uscita in streaming del film – con Blake Lively e Jude Law – tratto dal thriller, pubblica a fine 2019 il romanzo di Burnell anche in Italia. Stephanie, la protagonista, ha ventidue anni ma è come se fosse già morta da tempo, oppressa dal senso di colpa, impossibile da ignorare o superare, dopo che la sua famiglia è rimasta vittima di un incidente aereo, su un volo che anche lei avrebbe dovuto prendere, ma sul quale non è salita, a seguito di un gesto di protesta scaturito da una delle solite liti con i genitori. Giovane donna complicata e ribelle, Stephanie diventa vittima di un lento ma inesorabile processo di autodistruzione, l’alcool e la droga sono i suoi migliori amici e la prostituzione diventa l’unica via possibile per guadagnare quanto le occorre per mantenere vizi così costosi. Ad un passo dal baratro, però, l’incontro con un giornalista tanto coraggioso quanto sfortunato, le dà la forza per risollevarsi, per riscoprire il proprio temperamento, e per fare della vendetta la sua nuova ossessione. Ingaggiata da un’agenzia segreta filogovernativa, assume l’identità di una famosissima killer ed entra in una spirale di morte, bugie, travestimenti ed inganni, in cui vittime e carnefici si confrontano in un oscuro ed enigmatico gioco di specchi. Nulla sarà più come prima e, tra cambi continui di identità, pensieri intimi affidati dalla protagonista ad una sorta di diario ed addestramento all’autocontrollo ed alla concentrazione sulla sezione ritmica per evitare di lasciarsi sopraffare dal panico, il ritmo diventa sempre più incalzante e Lisa/Stephanie/Petra/Marina metterà in gioco se stessa in un percorso di rinascita in cui anche l’amore saprà farsi strumento per ritrovare un briciolo di umanità pur nella più completa devastazione dell’anima. Lettura avvincente con una struttura narrativa abilmente architettata, la storia pecca esclusivamente nella eccessiva somiglianza della protagonista con le ben più famose Lisbeth Salander, della serie Millennium, e Dominika Egorova, protagonista di Nome in codice: Diva di Jason Matthews, che le fa perdere quella unicità che la renderebbe ancora più interessante. Da sottolineare infine che Burnell ha completato la serie di Stephanie Patrick con i romanzi – non ancora tradotti in italiano – Chamaleon nel 2001, Gemini nel 2003 e The third woman nel 2005.